Il libro dei ricordi Non piangere, compilato da Arístides Vega Chapú (e di cui raccomandiamo la lettura) offre un’ampia somma di testimonianze e visioni sul cosiddetto Periodo Speciale. Nel testo, diverse aziende cubane, appartenenti a varie manifestazioni della cultura, raccontano le loro esperienze durante alcuni dei momenti più crudi vissuti negli anni Novanta del secolo scorso. Delle tante storie, alcune estremamente dure, abbiamo recuperato questa, dallo scrittore e poeta Aramís Quintero, che era anche uno dei membri del rinomato gruppo umoristico La Seña del Humor, di Matanzas.
Suppongo che un periodo speciale significhi uno spazio di tempo caratterizzato da una difficoltà materiale più acuta di quella di qualsiasi altro momento. E con questa definizione iniziano le mie indecisioni, perché nella mia memoria personale e percezione gli anni dal 1968 al 1972 potrebbero essere un periodo speciale, iniziato con l'”offensiva rivoluzionaria” e terminato, per me, con la fine della mia vita come borsa di studio e il mio ritorno a Matanzas per iniziare a lavorare.
Ma a parte questo, per me il periodo speciale che tutti menzionano va dal 1992 al 1999. Perché hai bisogno di quelle date precise? Per ragioni, ancora una volta, personali. Esattamente nel 1992, le mie difficoltà hanno iniziato a fare quello che ho fatto normalmente fino ad allora: il lavoro. Non c’erano più trasporti, denaro e alloggi per La Seña del Humor da spostare. E c’era sempre meno. Il gruppo si è disintegrato. La valuta cubana è diventata il fantasma che è, e il dollaro ha preso il suo posto, come sappiamo.
Quindi non si tratta di lasciare un lavoro e prenderne un altro (professore, consulente culturale o scrittore radiofonico), perché in termini economici nessuno aveva senso. Aveva senso solo fare dollari e La Seña non aveva accesso a questi, apparentemente per motivi legali e legali. (Ma è vero che il team di Sabadazo, lo show televisivo umoristico, per esempio, potrebbe vincerli senza alcun problema legale.)
Negli anni Novanta mi è apparso chiaro che tutto il lavoro, la creatività di La Seña, il successo, il riconoscimento ottenuto dal 1984, non sono stati di alcuna utilità per la sopravvivenza di quell’opera. A nessuno importava. Nessuno se lo ricordò. Mi riferisco, ovviamente, ai leader, alle istituzioni […] Avremmo dovuto andare a vivere a L’Avana come potevamo e fare l’umorismo per turisti e alcolisti che è stato fatto nei locali notturni. Non potevamo farlo. Non lo sapevamo.
[…]
Infine, alla fine del 1998, l’amministrazione di Ruinas de Matasiete, un centro notturno di Matanzas, ha accettato di pagarci una piccola somma in dollari per averci lavorato il sabato, a volte anche il venerdì. Era poco, ma qualcosa e sistematico.
Tra il novembre 1998 e il febbraio 1999 abbiamo reso lì un pubblico che prima non esisteva. Un posto pieno. Con il nostro solito umorismo, senza concessioni all’alcol; senza che si ripeta un singolo alterco o problemi di alcun tipo. Ha vinto la struttura e noi abbiamo vinto. Fino a quando, il 14 febbraio 1999, dopo uno spettacolo speciale con la sede gremita e molte persone che non devono guardare lo spettacolo all’esterno, gli ispettori una volta hanno stabilito che “non era legale”. Ed è finita.
Non addebitiamo nemmeno quella funzione. Giorni dopo, ho chiamato Pelayo , ex direttore de La Seña , in Cile e gli ho detto che ero determinato ad incontrarlo lì […] Nel maggio 1999 stava volando. Quel periodo speciale è finito per me e ne è iniziato uno diverso.
Ma per me il più grave di questo periodo ha un carattere qualitativo, in esso appare un nuovo fattore psicologico, condizionato dalla situazione economica: l’insicurezza, la percezione di “salvare chi può”. Non esisteva prima.
Sono sempre esistite difficoltà maggiori o minori, ma, ai suoi bassi livelli, tutto è stato assicurato, a partire dalla prima cosa: il cibo quotidiano. Con il Periodo Speciale iniziò l’angoscia e lo stress di “risolvere” il pane di oggi, “di domani, vedremo”. Eravamo abituati alla povertà inamovibile, con la sua notevole noia, ma non conoscessimo lo stress. Ω
Tratto da Arístides Vega Chapú (compilatore): Don’t cry, Havana, Memory Award 2009, La Memoria Editions, Pablo de la Torriente Brau Cultural Center, 2011.
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