Quevedo secondo Fina García Marruz

Francisco de Quevedo

“Ho così mantenuto il titolo originale Quevedo
nel suo centenario per registrare
di questa versione diversa da ogni secolo
consegna di un poeta, come prova importante
del fuoco che così resiste loro. Passato
già troppo a lungo
di queste eventualità,
Devo solo chiamarlo
semplicemente Quevedo, consapevolmente
che non si può fingere di coprire
che, per avventura, rimarrà
sempre insorcabile.
Fina García Marruz

Raccomandò al critico letterario Francisco de Sanctis che il modo migliore per capire e scrivere di un professionista legale è mettersi nella sua situazione, cioè giudicarlo dall’interno. A proposito, quando Fina García Marruz si riferisce all’arrivo e al viaggio di José Martí da parte di altri autori dice: “non scrive ‘da’ loro, ma ‘da’ loro”. Questa somiglianza critica da lei avvertita nel riparare in ricorrenze martirizzate ci permette di considerare più dei metodi e delle procedure, la consapevolezza dello stile; infatti, una coscienza di stile in cui la relativa avidità negozia con imitazione dichiarata.
Ma il trattamento di una parte della subordinazione e di un’altra libertà non è un conflitto? Scrivere dall’interno tenta l’addestramento, ma aggiunge un effetto preoccupante: particolari conquiste possono essere perse, senza bisogno, nei domini di altre persone. Chi si parla non ha bisogno di aggiungere più merito, solo mediazione di una lettura che porta ad un’altra e qualcos’altro: l’intervento, con tutto il permesso del mondo della scrittura, da autore a biografia, da un’opera a un saggio… Chiamiamola migliore generosità, ma prima cortesia intellettuale per essere un disco ragionato e veemente di uno scrittore / lettore che torna più di una volta sui libri di un altro.
Cosa ha fatto Fina García Marruz non “dai tempi” Francisco de Quevedo (1580-1645), ma “con” uno dei più prolifici autori ispano-americani prima e dopo l’età dell’oro? Torna sempre a Madrid per capire non tanto il suo spagnolo o spagnolo e il suo tempo, ma l’uomo complesso con il diverso autore, quello che amen a scrivere di coppie antagoniste senza alcuna schizzinosità di amarezza (al contrario), ha esaminato l’umanità di ieri, il suo tempo e il futuro con la panoramica dell’antropologo sociale o culturale. Tuttavia, in “I sonetti dell’amore e della morte di Quevedo” Fina è categorica.

“Non troviamo mai in Quevedo il sentimento del passato puro o del futuro, né del presente senza macchia: tutto in esso è visto in transito, tutto morso e rosicchiato, ma anche trafitto dalla freccia del Bambino-Amore che dà al punto del cuore, dell’Essere che ha chiamato , per contrastarla con la sua ‘polvere innamorata’: ‘Tutto innamorato’. E quel punto che difficilmente “presumerà” che romperà la recinzione delle Ore, cosa cercate in esse, per saziarle e soddisfarle – che l’Amore è una questione di due – e qual è la croce di ciò che è “oltre” e l’incessante trascendenza del tempo? Se la vita non ti risponde, può rispondere “l’ultima ombra”, che fermerà il divenire incessante, la morte può risponderti?” 1

Quanto ha letto Quevedo? Qual è il tuo affluente? Cosa lo rende un classico? Quanto era nemico di Góngora? Quali erano i criteri di Martí sull’autore di Dreams and Speeches, The Life of the Sought, The Cradle and the Burial…? Juan Goytisolo era una persona cattiva come ha confessato qualche anno fa?
Il libro di Quevedo (Ediciones Huso, 2016), di Fina García Marruz, non può separare l’uomo dallo scrittore come se l’opera, ingrato, cercasse di trascendere se stessa. Avvicinandosi ad esso, l’autore riconosce la sublime e insorcibile vastità dello spagnolo. Per chi tiene il peggio della persona e vuole conoscerlo attraverso leggende o pettegolezzi epocali, il Premio Nazionale per la Letteratura, nella sezione “Quevedo e le lettere del suo tempo” ricorda: “C’è il lettore di mosca, che posa solo sulle feci e sui detriti, e il lettore di api, a cui piace andare al miele, perché vede solo in esso essenza. Lasciamo inventiva e ‘prematica’, ‘sonetti di confusione’, per entrare nelle aree più alte della sua poesia, quelle delle poesie che ha dedicato al tempo, all’amore e alla morte”.2 Arriva con la specializzazione dell’uomo e lavora attraverso il prolungamento quevedesca? Non con uno, non attraverso l’altro. Il lettore Fina, poeta già celebrato per motivi nazionali ed esteri, è uno dei nostri saggisti più noti e allo stesso tempo coperti.
Oltre ai libri incentrati sulla sfera martirizzata e quella di Juana Borrero per esempio, così come su pubblicazioni e altre figure dei secoli coloniali cubani, García Marruz è l’autrice di Dario, Martí e del germinale americano, Juana Borrero e altri saggi e Parlare di poesia, un libro midollare, perché all’epoca organizzò il credo estetico di un autore che, affidandosi al martire consiglio di “Conoscere varie letterature è il mezzo migliore per liberarsi dalla tirannia di alcuni di loro”, raccomanda di superare i confini nazionali se si tratta di letture e associazioni.
Con la prima edizione di Quevedo in Messico (Fund of Economic Culture, 2003) e ora in Spagna di Editorial Huso, si profila una richiesta a causa del disrecognise. Quando accederemo all’edizione cubana di un’opera che lo ha portato a registrare l’influente critico letterario Adolfo Castañón come “uno dei più ambiziosi e significativi tra quelli prodotti dal saggio ispanico-americano critico alla fine del XX secolo”? Domanda che ne stimola un’altra: ci saranno altri testi inediti sulla cancelleria dell’unico sopravvissuto del gruppo Origins? Forse, ma questo non è necessario per reputare la tua prosa saggista già pubblicata. Con Quevedo Fina García Marruz riafferma come il nostro più importante saggista cubano vivo. La sua prosa poetica, debitrice della critica come arte martire e discepola per il soggetto e il linguaggio della sua ammirata Maria Zambrano. Leggi se non dal filosofo spagnolo la sua lezione “Quevedo y la conciencia en España”, una delle cinque pubblicate su Quaderni dell’Universidad del Aire del Circuito CMQ.
Più che il conceptismo nel formale, Quevedo è una replica in vigore per la sua testardaggine di looker. Guardò il mondo umano per rimproverarlo, non per guidarlo. Niente di più da chi, soprattutto, ha cercato e gestito di alimentare impropri equivalenti o maggiori di qualsiasi cosa abbia espresso per iscritto o faccia a faccia. Non era un codardo. La sua spada, che non chiamò perché stava nominando altre questioni, era ben nota come i suoi singolari specchi. Zoppo e miope, si rifugiò per iscritto. Si dice che viaggiò con un centinaio di libri e cercò ancora il momento della creazione. “Dal momento che si rompe per scrivere Quevedo, lo vediamo meno piegato che abbellire il mondo, come i poeti hanno sempre voluto, riflettendolo in tutta la sua deformità e aumentandolo ancora.”3
Storia e biografia, racconto e frammento d’esame quevedesca produzione letteraria. Con queste otto proposte di letture/scritti, seduce il più – e almeno – mente mente informato di Quevedo. Fina García Marruz condivide quello che è iniziato come un dialogo e insiste sull’essere tale: dialogo con l’autrice e con l’opera, dialogo con il lettore e, ad ogni passo, con se stessa. Ω

Note
1 Fina García Marruz: Quevedo, Madrid, Ediciones Huso in collaborazione con The Infinite Island, 2017, p. 145.
2 Ibid., p. 62.
3 Ibid., p. 19.

Faccia il primo comento

Faccia un comento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*