Santa Messa nella Basilica Vaticana. Omelia del santo Padre Paolo VI

Il 14 ottobre papa Paolo VI fu canonizzato in una massiccia Eucaristia, un uomo che durante il suo pontificato dovette affrontare molte difficoltà e incomprensioni. Oggi la Santa Chiesa assunse la continuità del Concilio Vaticano II dopo la morte del suo principale ispiratore, Papa Giovanni XXIII. Alla cerimonia di canonizzazione, Sua Santità Francesco lo ha definito “profeta di una Chiesa estroversa che guarda ai lontani e si prende cura dei poveri”. È proprio da san Paolo VI che abbiamo pubblicato la seguente omelia, che egli pronunciò nella solennità del Natale del 1963.

Solennità del Natale, 25 dicembre 1963

Un istante, venerabili fratelli e cari figli, un istante di riflessione. La festa del Natale è così ricca di luci, di sentimenti, di idee, di ragioni di riflessione e di studio, che è necessario, in questa terza celebrazione del sacrificio divino, fermarsi un attimo, dato il nostro interesse a ricevere i tesori che la Chiesa, la liturgia, l’evocazione dei misteri del Signore, offrono alle nostre anime.
Normalmente consideriamo il Natale nel suo aspetto umano. La narrazione evangelica è sufficiente a suscitare in noi un fascino letterario; è così bella, affascinante e persuasiva. L’evento prodigioso può essere ricostruito con tutto il suo fascino umano, la sua poesia, le sue canzoni, i suoi dipinti semplici e meravigliosi, così veri, così eloquenti, che la nostra devozione ha reso la mangiatoia, ricostruendo il Natale nelle nostre case e famiglie, per evocare ciò che è accaduto a Betlemme. Queste sono, tuttavia, scene umane, sensibili al Natale, ma non sono le uniche.
Dietro a questi c’è un altro, immensamente profondo, misterioso, ricco che deve attrarre non esattamente i nostri occhi umani, ma il nostro spirito, la nostra mente. È l’aspetto più vero e devoto del Natale; Questa terza Messa ci presenta questa terza Messa in modo speciale, e potremmo definirla teologia del Natale, con i bagliori divini che vi racchiudono.
Il mistero dell’incarnazione
Cosa c’è dietro la scena esterna della mangiatoia? L’Incarnazione, Dio che scende sulla terra. Questa è la realtà sublime; la sua semplice ezione è sufficiente per accendere e nutrire la nostra meditazione per sempre.
Il primo commento sarà una parola semplice e anche ricca, tanto da risvegliare nelle anime una fervente contemplazione piena di gioia.
Cos’è il Natale? È l’Incarnazione, è la venuta di Dio sulla terra. Questo è: possiamo vedere Dio entrare nella scena del mondo, come e perché? Chiunque abbia un piccolo senso della realtà che ci circonda, dell’universo, è certamente ammirato per la sua incommensurabile grandezza, della scienza arcana che lo ha diretto. Le leggi riflesse in questo universo sono così varie, complesse e infallibili che ci offrono, sì, un’immagine del Creatore, ma un’immagine che ci lascia pieni di sgomento e quasi paura. Queste leggi dell’universo sono così inesorabili, così insensibili, così fatali, che a volte ci lasciano incapaci di mettere all’apice, sopra di loro, un Dio personale, un Dio che si sente, che parla, che ci conosce, invitato a dialogare proprio con le meravigliose regole che regolano il creato.
Ma c’è un punto nel complesso della grande realtà che possiamo conoscere, e questo punto brilla oggi in modo speciale, è natale. In Lui Dio appare nella sua infinita carità: si mostra. In che modo, in che modo? Nel potere del potere, in quello della grandezza, in quello della bellezza? No; il Signore si è rivelato come amore, come bontà. “Dio amava così tanto il mondo che diede il suo figlio unigenito.” Si apre il cuore dell’Onnipotente. Dietro la scena della mangiatoia c’è l’infinita tenerezza del Creatore che ama. In una parola, c’è una bontà infinita. Dio, che ci ama, vuole impegnarsi nel dialogo con gli uomini, stabilire rapporti di familiarità con noi. Egli vuole che lo invochiamo come nostro Padre; diventa nostro fratello e vuole essere nostro ospite. È la Santissima Trinità che infonde i suoi raggi a coloro che hanno gli occhi per distinguere e la capacità di comprendere e ammirare, in questo modo, il chiaro mistero di Dio.

Infinita longezza della bontà divina
La bontà di Dio! Dio è buono! Questo è il messaggio di Natale; questo è il tema di riflessione che il Papa dà ai fedeli. Ricordino continuamente la bontà di Dio e che ognuno di noi è stato ricordato e amato in Cristo. Cristo è il centro che irradia le ricchezze della benignità del Signore, e il fulmine, se vogliamo accettarlo, si riflette da Cristo a noi.
Ognuno di noi deve sentire oggi come è stato amato da Dio. La bontà di Dio è interessata a tutte le creature umane, e si risveglia, del rifiuto, di un atto di gioia, gioia, canto, gratitudine. Per questo l’inno di gloria a Dio è inesauribile per la sua esaltata bontà, per la sua infinita misericordia.
Ma – è la detrazione principale e ineffabile – quando pensiamo di essere amati, non sentiamo che tutta la nostra psicologia è cambiata? Un bambino se scopre che i suoi genitori lo amano, cresce in affettuosa docilità, e quando uno, nel corso della sua vita, si sente, si rende conto che qualcuno lo vuole, raddrizza in quella direzione il percorso della sua esistenza.
Una trasformazione simile avviene nel regno spirituale. Se scopriamo di essere amati da Dio, troviamo l’orientamento preciso della nostra vita. Com’è facile, dunque, che il nostro culto diventi una pietà infuocata e la nostra religione di dimostrare una carità attiva, che abbia bisogno di espandersi, e che il sacro dovere cessi di essere un giogo quotidiano imposto alle nostre anime, ma una tregua, un desiderio di effusioni, il desiderio di raggiungere un dialogo supremo con Dio, che, attraverso Cristo, , chiede, parla, afferma di amarci!

La grande gioia di sentirsi amati da Dio
Guidati da un percorso così luminoso è anche facile migliorare il nostro stile di vita, i nostri costumi. L’epistola che leggiamo nella prima delle Messe di Natale ci racconta, dedotta dall’Incarnazione, il programma del nostro pellegrinaggio: “Sobrio, giustamente e piamente vivo, in attesa della beata speranza, e della gloria del grande Dio e Salvatore, Gesù Cristo”.
È così che dobbiamo vivere in cristiano, se abbiamo capito che il Signore ci ama. E anche noi che siamo così poveri, egoisti e spaventati di perdere il tesoro della vita e che qualcun altro lo toglierà da noi, quando ci sentiamo amati da Dio diventiamo generosi, e la prodigalità di quel poco che abbiamo diventa quasi istintiva. In una parola: siamo in grado di amare gli altri, di fare del bene e di essere caritatevoli, perché abbiamo percepito il segreto di Dio, che è la carità. Pertanto, avendo ricevuto il suo grande e infinito dono, saremo ministri della carità e del bene. Questo è natale, questa è la riflessione che tutti proponiamo, con la gioia e la gioia di conoscere la ricchezza della bontà di Dio e di sapere che Egli ci ama. Ω

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