Omelia del nuovo vescovo di Pinar del Río nell’inaugurazione nella diocesi

Homilía Monseñor Juan de Dios

Chi li guida la sua prima Omelia come Vescovo di Pinar del Río è un peccatore, salvato e redento dall’amore misericordioso di Dio.

Fratelli nell’Episcopato, autorità civili rispettate.

Cari figli e figlie di questa Chiesa che pellegrini a Pinar del Río.

Cari Pini, credenti o no, per i quali sono stato mandato anch’io.

Tutti voi che siete venuti da lontano per unirvi a noi. Grazie

Desidero esprimere la mia speciale gratitudine al Mons.

Grazie Arcivescovo Siro per il vostro amore silenzioso e contemplativo che continuate a darci per avere la vita in Lui. E a voi, Cardinale Ortega, che vivete oggi avete abbracciato il Crocifisso e che avete dato i vostri primi anni di ministero episcopale in questa terra…

Vengo, con la perplessità causata dall’azione di Dio nella vita di un uomo e nella sua Chiesa; Vengo obbediente all’intervento dello Spirito Santo nella persona di S.S. Papa Francesco; Oggi, in obbedienza a Dio, assumo come pastore di questo gregge il servizio di accompagnarti nella fede.

Cosa posso darti se non Gesù Cristo, Signore della storia! È il meglio che posso darti perché è il meglio che ho, Gesù, l’unica e più grande ricchezza che la Chiesa ha, il dono più prezioso, la perla nascosta del suo Regno, la bellezza di Dio. Gesu’, l’unico.

Gesù che interroga me e te con la domanda impegnativa di oltre 2.000 anni fa: “CHI DICE CHE SONO?” È quello a cui sono qui per rispondere insieme.

Duemila anni fa un uomo ha posto questa domanda a un gruppo di amici. E la storia non ha ancora finito di rispondere. Quello che stavo chiedendo era solo un abitante del villaggio che parlava con un gruppo di pescatori. Niente mi ha fatto sospettare che fosse qualcuno di importante. Si vestiva semplicemente. Lui e coloro che lo circondavano erano persone senza molta istruzione, senza quella che il mondo chiama “cultura”. Non avevano titoli o supporti materiali. Non avevano soldi, nessuna possibilità di acquisirlo. Non avevano armi o potere. Erano giovani, poco più che ragazzi, e uno di loro sarebbe morto prima di due anni con la più violenta delle morti. Tutti gli altri finirebbero, non molto tempo dopo, sulla croce o sotto la spada. Erano, fin dall’inizio e sarebbero sempre stati, odiati dai potenti. Ma nemmeno i poveri finirono di capire ciò che quell’uomo e i suoi dodici discepoli predicavano. E ‘stato davvero frainteso. Il violento lo trovò debole e mite. I custodi dell’ordine lo giudicarono, d’altra parte, violento e pericoloso; gli studiosi lo disprezzava e lo temeva; i potenti risero della loro follia. Aveva dedicato tutta la sua vita a Dio, e chiamato Dio, Padre.

C’erano certamente molti che lo seguivano nei modi in cui predicava, ma la maggior parte era più interessata ai gesti sorprendenti che fece, ai miracoli o al pane che avesse mai distribuito loro, di tutte le parole che uscivano dalle sue labbra e dal suo cuore. In effetti, tutti lo abbandonarono quando la tempesta di persecuzioni e morte da parte dei potenti ruggì sulla sua testa, e solo sua madre e altri tre o quattro amici lo accompagnarono nella sua agonia. Nel pomeriggio del Venerdì Santo, quando il fulcro di una tomba presa in prestito fu chiuso sul suo corpo, nessuno avrebbe dato un centesimo per la sua memoria, nessuno avrebbe potuto sospettare che la sua memoria sarebbe durata da qualche parte, fuori dal cuore di quella povera donna – sua madre – che probabilmente sarebbe affondata nel silenzio dell’oblio, della notte e della solitudine , Maria addolorata.

E… tuttavia, più di venti secoli dopo la storia continua a ruotare attorno a quell’uomo. Gli storici , anche i più contrari a lui, continuano a dire che un tale fatto o battaglia avvenne così tanti o tanti anni prima o dopo di Lui. Metà dell’umanità, quando viene interrogata sulle sue credenze, continua a usare il suo nome per essere chiamata. Più di duemila anni dopo la sua vita e la sua morte, ogni anno continuano a essere scritti volumi sulla sua persona e sulla sua dottrina. La sua storia ha ispirato almeno la metà di tutta l’arte che il mondo ha prodotto da quando è venuto sulla terra. E ogni anno, rinuncia a migliaia di uomini e donne che lasciano tutto – la sua famiglia, i suoi costumi, forse anche la sua patria – per seguirla completamente, come quei dodici primi discepoli.

Chi è Lui che i malati, i deboli, i sofferenti e i turbati alleviano il loro dolore semplicemente menzionando il loro nome?

Chi è Lui che gli anziani benedicano con la gratitudine della storia vissuta?

Chi, chi è quest’uomo per il quale sono morti tanti, che tanti hanno amato alla follia? Negli ultimi duemila anni, il suo nome è stato in milioni di agonizer come speranza e di migliaia di martiri come orgoglio. Quanti sono stati imprigionati e tormentati, quanti sono morti solo per aver proclamato loro seguaci! E anche quanti sono stati costretti a non credere in Lui a rischio della loro vita. La sua dottrina, paradossalmente, gonfiò il cuore dei santi. I suoi discepoli sono stati chiamati i missionari che hanno attraversato il mondo solo per annunciare il loro nome. Chi è, allora, questo personaggio che sembra chiedere la resa totale, questo personaggio che attraversa il centro e il centro della storia come una spada infuocata e il cui nome produce frutti di amore e follia?

Penso che l’uomo che non ha risposto a questa domanda di Gesù: “CHI DICE CHE SONO?” possa essere sicuro di non aver ancora iniziato a vivere. E cosa pensare, allora, dei cristiani che non sanno tutto di Lui, che pretendono di amarlo, ma non lo hanno mai conosciuto, che pretendono di seguirlo, e le loro opere non lo dimostrano?

Ed è una domanda a cui occorre dare una risposta perché, se Egli è ciò che Ha detto su Se stesso, se è ciò che i Suoi discepoli dicono di lui, essere un uomo, allora, è qualcosa di molto diverso da quello che immaginiamo, molto più importante di quanto crediamo. Perché se Dio è stato uomo, è diventato uomo, l’intera condizione umana, essendo l’uomo acquisisce il più alto livello che può esistere nella storia, il livello del divino.

Incontrarlo non è una curiosità. È molto più di un fenomeno culturale. È qualcosa che mette in gioco la nostra esistenza, perché con Gesù non accade come con altri personaggi della storia. Che Cesare fosse imperatore, niente cambia il significato della mia vita. Che Carlo V fosse imperatore di Germania o Spagna non ha nulla a che fare con la mia salvezza di uomo. Che Napoleone sia morto sconfitto, oggi non sposterà un solo essere umano per lasciare la sua casa, il suo conforto e il suo amore e andare a parlare di lui in un villaggio nel cuore dell’Africa.

Ma Gesù! Gesù chiede risposte assolute. Assicura che credendo in Lui l’uomo gli salva la vita e, ignorandolo, la perde. Quest’uomo, Dio, si presenta come la via, la verità e la vita (Mente 14:6). Pertanto, se questo è vero, il nostro viaggio, la nostra vita, cambia a seconda della risposta alla domanda su di te.

E come possiamo rispondere senza conoscerlo, senza aver affrontato la sua storia, senza contemplare i in e gli out della sua anima, senza aver letto e riletto le sue parole?

Ecco perché vengo, miei cari pini, a scoprire Gesù Cristo, perché insieme lo conosciamo meglio, lo amiamo e lo imitiamo.

Vengo a crescere in me stesso e nei miei sacerdoti i tre grandi amori per evangelizzare Cuba: uno, l’amore per Gesù; due: l’amore per la sua Chiesa; tre, l’amore di questo popolo che abbiamo sempre accompagnato.

Vengo a nutrirmi e a lavorare con il carisma della Vita Consacrata e a mettere i suoi doni secondo il Regno, perché la nostra vita sia Cristo e muoia di guadagno.

Vengo ad aiutare a plasmare in ogni seminarista la figura di Cristo, sacerdote alto ed eterno, con l’ardore e la passione per l’annuncio del Regno.

Vengo perché i matrimoni vivano la loro unione, come Cristo con la loro Chiesa.

Vengo perché i nostri giovani abbraccino l’ideale di Cristo, della sua dedizione al Padre, come la più grande Speranza che possano dare alla nostra Patria, per la quale il nostro venerato Padre Felix Varela ha chiesto la virtù.

Vengo per tutti noi a trovarlo come il volto più autentico di Dio: Gesù, quello che in carne e ossa, visibilmente e storicamente, ha portato sulla terra lo splendore della gloria di Dio. Le parole del Salmo 45 si applicano a Lui: “Voi siete gli uomini più belli”. E a Lui, paradossalmente, si riferiscono anche alle parole del profeta Isaia: “Non c’è apparizione in Lui, non c’è bellezza per noi di guardarlo, né apparenza perché in Lui possiamo essere contenti” (Is 53,2).

In Cristo troviamo la bellezza della verità e la bellezza dell’amore; ma, come sappiamo, l’amore implica anche la disponibilità a soffrire, una disponibilità che può anche portare alla resa della vita da parte di coloro che egli ama (cfr 15,13) e al perdono del nemico (Mt 5,44).

Cristo, che è “la bellezza di ogni bellezza” come diceva san Bonaventura (Sermoni domenicali 1,7), diventa presente nel cuore dell’uomo e lo attira alla sua vocazione, che è l’amore. Grazie a questa straordinaria forza di attrazione, la ragione esce dalla sua goffaggine e si apre al mistero. Ciò rivela la bellezza suprema dell’amore misericordioso di Dio e, allo stesso tempo, la bellezza dell’uomo che, creato a immagine di Dio, rinasce per grazia e destinato alla gloria eterna.

Nel corso dei secoli il cristianesimo ha comunicato e diffuso grazie alla novità della vita delle persone e delle comunità cristiane capaci di dare un’efficace testimonianza di amore, unità e gioia con le loro azioni. Proprio questa forza ha messo così tante persone in “movimento” generazione dopo generazione. Non è stata la bellezza che la fede ha generato di fronte ai santi che ha spinto tanti uomini e donne a seguire le loro orme?

L’esortazione di Gesù riemerge sempre nei loro cuori, miei cari figli e figlie: “Che la sua luce risplenda davanti agli uomini, perché veda le loro buone opere e glorifichi il Padre che è nei cieli” (Mt 5,16).

Non c’è bellezza degna se non c’è verità da riconoscere e seguire; se l’amore si riduce a un sentimento di passaggio, se la felicità diventa un miraggio irraggiungibile, se la libertà degenera in oppressione Quanto male può fare il desiderio di potere, di possesso, di piacere nella vita dell’uomo e delle nazioni!

Cari figli e figlie, portate in questo mondo tormentato la testimonianza della libertà con cui Cristo ci ha liberati (cfr Ga 5,1). Porta la straordinaria fusione tra amore di Dio e amore per il prossimo, questo abbellisse la vita e riporta la speranza nel deserto in cui viviamo spesso. Porta la carità che si manifesta come passione per la vita e il destino degli altri, irradiandosi nei centri dello studio e del lavoro, diventando una forza per la costruzione di un ordine sociale più giusto, si costruisce la civiltà dell’amore, capace di rallentare il progresso della barbarie. Siate costruttori di un mondo migliore in cui si manifesta la bellezza della vita umana, in cui possiamo vivere il matrimonio amore per sempre e la difesa della vita dal suo concepimento

In questa nuova missione sono circondato dalla fede, dalla speranza e dalla carità di tutti i miei predecessori che, in questa Chiesa di Pinareña, hanno dato la vita, quella nuvola di testimoni che ci accompagnano e intercedono; ci affidiamo, a San Rosendo, Patrono della nostra Diocesi.

Vi affido e mi affido all’intercessione di Maria, Vergine della Carità, patrona di Cuba, alla quale invochiamo come “Tutto bello”, un ideale di bellezza che gli artisti hanno sempre cercato di riprodurre nelle loro opere, la “Donna vestita di sole” (Ap 12,1), in cui la bellezza umana incontra quella di Dio.

Infine, voglio pregare ogni giorno con voi come amato discepolo, San Giovanni nell’Apocalisse e dire con tutta la forza dell’amore: Maranatha!!

“Vieni Signore Gesù”. Amen.

 

 

 

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