Errar, de humanos. Rectificar, ¿de periodistas?

Lo scherzo più ripetuto nella nostra professione afferma che i medici seppelliscono i loro errori; gli avvocati li rinchiuderanno e i giornalisti li pubblicano. Solo chi rivede una pagina per ore, a destra e viceversa, per poi scoprire nella già irreversibile versione stampata (almeno quelle digitali, oggi hanno ragione) un’errata maiuscola, conosce il crepacuore e il disagio che questo causa. Naturalmente, un errore di battitura, oltre ad aggiungere battute e aneddoti (alcuni inpubblicabili in seguito), di solito non ha conseguenze importanti. La cosa peggiore è quando si trasmissivano lavori sbagliati, approcci sbagliati o testi o immagini distanti di buon senso o che contraddicono una dura realtà.

Come giornalista, nell’ambito della nostra professione, si deve prevedere che un fallimento o un criterio storto possono sfuggire e venire al pubblico. Errare humanum est, vale naturalmente anche per la professione di comunicazione per tutti. Ricordo che, quando lavoravo su una rivista nazionale, dovevo andare in una piccola città di provincia per riparare i danni causati inavvertitamente da un collega. Nel piccolo villorrio, senza acqua per mesi, ha lavorato instancabilmente su un acquedotto. L’editore scrisse che le opere erano già una realtà e che il villaggio nuotava felicemente nell’abbondanza d’acqua. C’è quasi una ribellione tra i vicini arrabbiati e assetati mentre leggono il testo. Tuttavia, l’organo di stampa ha riconosciuto l’errore, ha rettificato e pubblicato la realtà. La gente del posto lo ha ringraziato e le autorità ci hanno sostenuto per rimborsare il foglietto, attribuibile solo alla nostra pubblicazione.

Tali argomenti sono complicati quando il lavoro, specialmente sulle pagine nazionali ufficiali, rivela una disalzia tremebunted e quindi non ne sa uno che ci sono conseguenze o rettifica. In generale, mentre può accadere su una varietà di questioni, sono in gran parte gli errori e i dislati che difendono con un mantello e una spada alcuni risultati del sistema politico cubano o che attaccano l’imperialismo. Sbagliato a favore, non importa quanto sia assurdo il casino, non importa. Non sto dicendo che l’autore in questione sia pubblicamente impanato, anche se alcuni lo meritano, a causa della ridicola, arcaica e persino assurda di certe difese. In realtà, non è il giornalista, ma il corpo a cui risponde, che deve assumersi gli errori e porvi rimedio. Per puro rispetto per i destinatari, una certa rettifica è indispensabile. Ora, quando i rotativi più importanti del Paese taceno in risposta a raffiche di critiche, non quelle del nemico (che sarà sempre, fatto bene o male), ma quelle di specialisti, altri giornalisti, varie voci autorizzate nei loro soggetti o le persone in generale (per le quali sono lavorate), la fiducia e la credibilità di tali mezzi sono piuttosto abusate.

Si afferma come una vera e propria notizia che negli Stati Uniti c’è una carestia, dove, naturalmente, c’è anche la povertà, ma non è nemmeno vicina alla stufo delle ben note immagini nei paesi del Terzo mondo con crisi umanitarie. Si tenta di presentare come un risultato sociale della rivoluzione cubana che le femenicidi a Cuba sono inferiori a quelle di altri paesi (in un’opera che, oltre a una fastidiosa disrecognita delle teorie di genere, mostra come una statistica ben torturata dice e sostiene ciò che si desidera), dall’idea riduzionista, reazionaria e indichiosa che una donna morta sia un numero e , se abbiamo meno morti, stiamo meglio. Ancora molti materiali della stampa scritta, della radio e della televisione, si rallegrano dei risultati produttivi e dell’abbondanza dissimile, quando prezzi, carenze e code per strada mostrano il contrario. Senza contare, soprattutto in televisione, una pioggia di criteri sosussivi, valori di cronaca insignificanti o trionfalismi sproporzionati e persino editoriali con un linguaggio e contenuti flagranti inciampano. Vi fa desiderare, di fronte a tali lodi, di ricordare la nota frase: “non difendetemi, compadre”.

Tutti questi fatti mostrano una mancanza di preparazione, accolgo con favore la facile idea che difenderci e combattere il nemico sia l’unica ragione per essere di ogni nota (se parliamo male del male, per quanto goffo sia il motivo e per quanto estraneo al soggetto, nessun problema) più una preoccupante mancanza di professionalità. Inoltre, fanno in modo che i destinatari non diffidano più, ma cambino la fonte dell’informazione sentendosi manipolati, ingannati o trattati come bambini senza auto-giudizio.

Un giornalista, famoso o no, una volta pubblicato un’opera è opinion leader, perché oltre a informare dovrebbe avere le qualità e le conoscenze necessarie per analizzare un problema e trasmetterlo ai suoi concittadini. Qualsiasi sciocco in rete ha i mezzi per pubblicare qualsiasi assurdità. Un giornalista ha l’obbligo di essere rigoroso, di contrastare le fonti, di aderire il più possibile alla verità, che l’etica e la serietà servono da scudo per lui. Se ti sbagli, un correttore, un caporedattore e un direttore, da un’altra vista, dovrebbero correggere o interrompere la pubblicazione di un bar. Se un’in edicoltura di rifiuti viene ancora divulgata, e questo è noto immediatamente, deve assumere il mezzo e affrontare i suoi lettori.

Un dottore non si smenterà le colpe. Un avvocato può richiedere anni e sforzi per rilasciare il tuo. I giornalisti e, soprattutto, i media, domani possono sempre pubblicare una versione migliore, senza errori. Ω

Faccia il primo comento

Faccia un comento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*