Onore a padre Bruno Roccaro

È arrivato a Cuba cinquant’anni fa per una gestione che monsignor Cesar Zacchi ha fatto davanti al governo affinché due insegnanti entrasse per il seminario dell’Avana. L’altro è stato l’indimenticabile padre René David morto nel 2013. Si sono incontrati a Cuba e tra loro sorse un’amicizia sacerdotale fraterna, si separarono, quando il francese, già malato, se ne andò per la sua patria nel 2004.
Padre Bruno possedeva una riluttante spiritualità sacerdotale salesiana animata dalla tempra dell’osservanza che don Bosco voleva che la sua società avesse all’alba fondante. Era stato professore di Matematica del Maturità nelle scuole italiane della congregazione, e conosceva poco spagnolo, ma una cosa era molto chiara: lavorare e farlo per essere incarnato in questa Chiesa che ha attraversato momenti molto difficili. Oggi posso dire, senza paura di commettere errori, che è diventato cubano, ed è per questo che i suoi resti riposeranno su questo piano.
Come matematico continuò a spiegare la filosofia nel ramo della cosmologia e della sociologia, in seguito gli fu aggiunta la Storia dell’Economia. Queste tre cose entrarono nella sua vita come insegnante quasi strane, così come la barriera linguistica, che si stava rompendo non senza grandi sforzi per lui e i suoi studenti. Non ha rifiutato nulla, non ha chiesto il trasferimento ad altre latitudini…
Immagino che avrebbe avuto difficoltà ad adattarsi alla nuova vita e ai nuovi pasti, ma non l’ha mai mostrato. L’ho visto durante il tempo di preghiera, trascorrendo lunghi momenti in ginocchio nella cappella. Era un sacerdote che, con un occhio alle cose di Dio, aveva, senza allontanarsi da esso, i piedi posati sulla terra, perché una cosa non esclude l’altra.
Per quei primi vent’anni della sua permanenza a Cuba, il Seminario andò un mese all’anno di lavoro produttivo in campagna, e padre Bruno, mostrando il suo rescientive e la sua resa, lavorò con la produttività del contadino più autentico. Era stato un alpinista e la forza della sua carnagione corporea lo ha evidenziato. Bruno e il suo inseparabile amico, padre David, sabato dopo sabato, si sono recati in quello che sarebbe stato l’ospedale Hermanos Ameijeiras per lavorare alla sua costruzione, entrambi convinti che questo piccolo contributo abbia aiutato il progresso di questo paese. Nessuno poteva impedirlo, né da una parte né dall’altra, anche se le critiche non sono mai mancate.
La riflessione ecclesiale cubana (REC) arrivò nel 1982, e padre Bruno fu nominato responsabile della sottocommissione di indagini. La sua esperienza lo stava portando a diventare, involontariamente e spogliandosi di ogni rilievo, nell’anima del REC e, in seguito, dell’Incontro ecclesiale nazionale cubano (ENEC). Non puoi parlare della storia di questo processo ponderato senza menzionarlo. In questo, come in tutte le cose che fece in questa Chiesa, diede all’orticaria il minimo riconoscimento e lode, che mostrò con un gesto corporeo di restringimento e rifiuto. Così ha ricevuto ordini da quelli di noi che erano stati suoi studenti fino a poco tempo fa, e i nostri errori sul lavoro li hanno modificati con umiltà e possibili soluzioni. Non dimenticherò mai quando nel 1993 fui nominato rettore del seminario, e mi fu presentato chiamandomi “il mio rettore”. Nel 1995 ho ricevuto da lui l’amara notizia che la congregazione salesiana lo ha trasferito nella casa di Santiago de Cuba, prima che lo comunicasse al cardinale Jaime Ortega, arcivescovo dell’Avana. Anni dopo, tornò a L’Avana e già ottogenario riprese ad insegnare Cosmologia al Seminario.
L’ultima volta che abbiamo chiacchierato è stato il 20 settembre 2015. Era seduto accanto a me e indossava un guayabera a maniche corte. Mi ha parlato con dolore, per non parlare dei nomi, di alcuni giovani sacerdoti cubani emigrati dal paese. Diceva: “Dicono che non possono vivere qui.” Me lo ha detto uno straniero che è venuto a lavorare a Cuba, non senza troppe difficoltà, e che ha vissuto qui mezzo secolo fino alla sua morte.
Più di dodici anni fa, monsignor Arturo González pose la distinzione Pro Ecclesia et Pontifice sul petto di padre Bruno e di padre Giordano. Con questo solo onore che ha ricevuto pubblicamente, caro Padre Bruno Roccaro scenderà nella santa terra illuminante.

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