Nel suo libro Mocedades, l’allora giovane José Ortega y Gasset riconobbe come un viaggiatore di lunga data: “Quando una città vecchia diventa una guardia della morte, molti anni asciutti, tutto ciò che rimane in esso sono le sue vecchie fontane, che continuano a cantare e correre come nella giovinezza del villaggio”. In esso il pellegrino fu avvertito che sapeva fermarsi in tempo per osservare i dettagli più riconosciuti e persino tranquilli della città, tuttavia, tutti frequentabili. Tradizione e modernità, materia e spirito, soprattutto lo spirito emerge dalla città storica e quindi sopravvissuta: “Ci sono città che hanno la suprema energia di duraturo, e sono costruite una volta per tutte”, ha detto ancora Ortega e uno come lettore sente che è come se si riferisca allo stesso modo all’Avana.
Forse dovremmo trovarlo di fronte: perché rivolgersi alla Spagna, se questa capitale avesse i suoi cronisti, editori di epistole e poeti? Molte ragioni ci aiutano a non lasciare la Spagna, così come dall’Africa e da altre regioni. Considera chi siamo oggi per quei preteriti confusi ma influenti. Allo stesso modo, è il momento in cui viviamo.
In occasione del quinto centenario della fondazione della città di San Cristóbal a L’Avana, la rivista Palabra Nueva ha nuovamente chiesto l’edizione del suo concorso, questa volta il numero ventitre. Insieme alla Commissione Cultura dell’Avana e alla giuria nominata dalla rivista, hanno partecipato numerose opere, sia quelle che ci sono arrivate negli articoli che nella tecnica fotografica. Dobbiamo riconoscere la disposizione e il rispetto in relazione a un concorso che, sebbene vari nei temi e nei generi, considera sempre la qualità e l’originalità al di sopra di rapporti o manuali circostanziali (per non dire la parola di moda). La moda sta passando e ci sono testi che meritano di essere letti in qualsiasi momento come la città, quel documento testimoniale. La città, l’Avana, scrivendo se stessa, provoca quello che è un evento ciclico, perché andiamo e veniamo cambiati. Per alcuni, la permanenza è più duratura; per gli altri, è transitorio ma altrettanto significativo. Quando leggiamo su La Calzada de Jesús del Monte, dal viaggiatore senza guardia che era Eliseo Diego riconosciamo quanto segue: la città, anche se cambia, può essere configurata com’era una volta. Basta guardarlo e scriverne, ovviamente, coloro che vogliono o possono.
Fortunatamente, questa volta non è stato meno in un concorso che apprezza la partecipazione diversificata, ma che ha dovuto premiare le proposte che meglio frequentano lo spirito di celebrazione di una capitale stabile e infelice, poiché si aspetta di più dai suoi abitanti. Ω
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