Il nostro non è il melodramma

Los hijos soñolientos del abismo

Mentre Geovannys Manso inizia il suo romanzo I figli assonnato dell’abisso (Editorial Letras Cubanas, 2016) con la certezza: “Oggi mio padre è morto”, il lettore può presumere che affronterà un viaggio all’indietro, dove le relazioni filiale, oltre ad essere mediate dal desiderio, saranno le invariabili. Anche se questo accadrà, noteremo anche che i rapporti sono sempre stati tesi tra il protagonista e suo padre, tra il protagonista e sua sorella fino a quando non hanno avuto un impatto tra lui e la sua ex moglie.
La follia non rafforza gli affetti. Non basta sapere da dove viene e chi è in viaggio. La convivenza è solo un passante purché non metta a repentaglio la disattenzione dell’amor di sé. L’egoismo è molto evidente quando sperimentiamo la morte degli altri o la battuta d’arresto personale. Se non stimolati, l’irrequietezza e l’indifferenza cospirano contro il carattere centrale di I figli assonni dell’Abisso. Ha motivato la ripetizione di un avverbio di negazione (quattro volte già menzionato dal no) che, senza ancora essere nominato, insiste su un ossessivo verso se stesso.
Poiché il protagonista è un critico costante di suo padre e del contesto stesso che lo circonda, notiamo un soggetto di apparente indifferenza, perché presto ha desideri: “Ogni essere umano dovrebbe scoprire la libertà assoluta”. Il suo atteggiamento sarà allarmante. Consisterà ancora e ancora nel confrontarsi con l’utopico con l’ironico: “Ogni giorno può diventare, se vi propongo, un’avventura indimenticabile”. Binomio opposto che attraversa gli impulsi e i pensieri di coloro che sembrano essere più consapevoli delle loro strane verruche che della morte del loro genitore. A proposito, in “Il lungo preludio alla notte” c’è sia un riassunto argomentativo che una rivelazione estetica (“potrei raccontarvi una vita che si adatterebbe a un romanzo di difficile classificazione: a volte denso, a volte vano, a volte rallentato da certe manie del linguaggio”) e l’etica (“niente come le utopie degli altri – sento – per smascherare la nostra”). L’estetica e l’etica sono in discussione. È come se l’autore prepara le pagine del perché verso il secondo capitolo.

Geovannys Manso.
Geovannys Manso.

Passato e morte, memoria e solitudine formano un romanzo di breve sintassi, dove le note frammentate o il diario espande il frammentario dell’esistenza. “Sono stato plausibile finora?” chiede il personaggio del narratore e poi risponde: “Non è che intendo trasformare queste annotazioni in un romanzo cult. Nemmeno che la piccolezza della mia vita diventi riferimenti estetici per un’intera generazione.
Si difende interamente per molti momenti riflessivi e innegabili connotazioni estetiche e filosofiche. Per fare questo, si trova un corpo di scrittura di dipendenze generiche rivelate. Just Manso anima una narrazione in cui l’umorismo è d’accordo con l’esistenziale. A un certo punto si legge: “Sono scappato e me ne sono andato così lontano, che poi non sapevo come tornare”; in un altro: “Per avere nemici devi avere personalità ed è qualcosa che nostro padre non ha mai avuto.” Negazione della paternità? Equilibrio di quanto te ne sei andato? Chi era davvero quello che non poteva essere scelto? Nella sezione successiva (“Brevi quaderni del perché”) intende spiegarsi – parlando di se stesso in terza persona – “Perché tuo padre ti scambia per una larva, un coleottero, un esperimento fallito, una maledizione?”
Vale la pena classificare questo romanzo? No, per ora va letto, anche se si nota subito che il carattere esistenzialista de I figli assonni dell’Abisso non è di enormi pretese. Tuttavia, mentre diamo di più, Geovannys Manso ci dà un essere che, nonostante le sue miserie umane, è in grado di esaminarsi fino alla fine. Tuttavia, l’utopia non vuole e non riesce a superare l’ironico – scrivo quasi storicamente. Ω

Faccia il primo comento

Faccia un comento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*