La dignità delle donne e la loro dignità

Temas de la mujer

Un tema attuale

La validità e l’importanza dell’argomento, oggetto della presentazione nel seguente fascicolo, non hanno bisogno di molte spiegazioni o giustificazioni. È noto come uno dei blocchi tematici continui nei media di tutto il mondo, almeno in quello occidentale, sia la questione delle donne. La difesa dei loro diritti, i loro valori autentici e propri, la maternità, la verginità, la famiglia, l’uguaglianza fondamentale con gli uomini, la loro incursione nelle diverse aree del mondo del lavoro fino a poco tempo fa riservate agli uomini, la repulsione della violenza esecrabile contro alcuni di loro, i movimenti femministi, l’ideologia di genere, la rivendicazione della femminilità contro l’egualitarismo dilagante ricercato da alcuni , e un lungo eccetera, pagine di alluvione e notizie ovunque.

È evidente a tutti, poco che leggiamo, la frequente ideologia del soggetto e la politicizzazione da parte di alcuni che si considerano i veri difensori delle donne, definendo come machismo retrogrado, persino fascista, tutto ciò che non è nella loro ideologia o proposta riduttiva. L’appropriazione esclusiva della questione delle donne e della loro difesa a spese della stessa donna e dei loro principi e diritti fondamentali, è stato l’atteggiamento costante in coloro che manipolano e usano il soggetto a loro favore, squalificando coloro che non pensano o dicono lo stesso di loro. Un autore contemporaneo dice: “Se il femminile è la chiave ermeneutica per l’umano, coloro che costringono le donne a scegliere tra il femminismo femminile e quello ideologico forzano le coscienze. Il femminismo della terza e quarta ondata, se affrettato, sovverte la condizione della natura, si rivolta contro le donne perché si rivolta contro l’umano.

In un’epoca come la nostra, in cui per molti “tutto va” e l’autentica ricerca della verità risplende attraverso la sua assenza, non sorprende incontrare posizioni che assolutizzano la sua visione del soggetto o di altri, all’estremità opposta, che relativizzano tutto. Ed entrambi da entrambe le parti squalificano con sorprendente e superficiale facilità la Chiesa, che accusano di essere medievale e immobile. Tuttavia, in questa direzione non intendiamo entrare in sterili controversie, né difenderci da nulla o da nessun altro.

Lo stesso e specifico del nostro contributo sarà quello di esporre, da ciò che la rivelazione e la dottrina cristiana ci offrono, il fondamento di quella che intendiamo come la vera comprensione del tema delle donne, da cui derivano tutte le altre questioni. Ci chiediamo che cosa ci dica la Sacra Scrittura e la Tradizione della Chiesa con il suo Magistero sulla dignità delle donne, dove sta il suo fondamento, per cementare su di essa tutto lo sforzo necessario per la sua maggiore e migliore dignità.

E come si dice nello slang popolare che “è bene mettere la macchia prima che la ferita sia fatta”, riconosciamo che tutto ciò che la nostra fede cristiana ci dice sulle donne non è sempre stato pienamente vissuto nella pratica storica della nostra cara Chiesa madre e che abbiamo ancora una buona strada da percorrere per continuare ad attuare e sviluppare il suo ruolo nella Chiesa , nella società e nel mondo di oggi; allo stesso tempo riconosciamo anche i passi che sono già stati compiuti o si stanno compiendo, e l’enorme rilevanza della presenza femminile nell’opera evangelizzatrice della Chiesa. Senza la donna, la sua presenza e il suo lavoro, la Chiesa non sarebbe quella che è oggi. Basta ricordare le innumerevoli donne sante, vergini, martiri, fondatrici, madri di famiglia, che veneriamo nella liturgia della Chiesa. Anche oggi, la testimonianza di tante donne impegnate in Cristo e nella Chiesa, incarnazione dell’ideale femminile e modelli di follow-up al Maestro, sono una ricchezza immensa per tutti.

Fondamenti biblici e teologici

San Giovanni Paolo II ha ricordato nel 1988 che “la dignità delle donne e la loro vocazione, oggetto costante della riflessione umana e cristiana, ha assunto negli ultimi anni un’importanza molto particolare”.1 Con il termine “dignità” applicato alle donne o agli uomini, comprendiamo la loro eccellenza, la loro valorizzazione, il loro valore proprio e specifico, la loro ricchezza, il loro onore. Anche san Paolo VI, nel 1976, disse: “Nel cristianesimo, più che in qualsiasi altra religione, le donne hanno fin dall’inizio uno speciale status di dignità”.2 Dobbiamo quindi tornare alle origini dell’umanità e alla volontà del Creatore di approfondire i fondamenti antropologici e teologici riguardanti il significato della dignità specifica delle donne. Solo da lì possiamo comprendere meglio la loro essenziale uguaglianza nei confronti del maschio, dei suoi valori e della sua presenza attiva nella Chiesa e nella società.

Dice il primo libro della Bibbia, nel suo primo capitolo: “Dio ha quindi creato l’essere umano a sua immagine, a immagine di Dio lo ha creato, l’uomo e la donna li hanno creati” (Genesi 1.27). I Santi Padri della Chiesa3 hanno detto che, in questo testo, troviamo la base immutabile di tutta l’antropologia cristiana. L’essere umano, maschio o femmina, è il culmine di tutto ciò che è creato da Dio; e sia maschi che femmine sono esseri umani nella stessa misura ed entrambi sono stati creati a immagine di Dio. Così, la dignità della persona umana, maschio o femmina, sta in quel principio comune che li identifica come immagine di Dio, chiamato da Lui a crescere, moltiplicarsi e riempire e dominare la terra. Essere immagine di Dio significa rappresentarlo, essere suoi collaboratori, prolungare la sua presenza e la sua signoria. Essendo una creatura in mezzo alla creazione, la classificazione di “immagine di Dio” avvicina la persona umana al Creatore che al resto delle creature. Lo leggiamo nel Salmo 8: “L’hai reso poco meno degli angeli, l’hai incoronato con gloria e dignità”. Ecco perché comprendiamo che la dignità della persona umana, maschile o femminile, di qualsiasi essere umano dal concepimento alla morte naturale, sta in quanto è e sarà sempre “immagine di Dio”. Da qui il rispetto per tutti, uomini e donne, come persone umane, intelligenti, liberi e capace di amare, creati dal Dio personale che ci è stato pienamente rivelato in Gesù Cristo, Dio ha reso invisibile l’uomo, immagine di Dio, primogenito di tutta la creazione (Col 1,15), da dove si chiarisce il mistero di ogni essere umano (cfr Gs 22).

Anche nel libro della Genesi troviamo un’altra descrizione della creazione dell’essere umano, maschio e femmina (Gen 2.18-25) che completa quanto sopra. Questo testo, più vecchio e antropomorfo, presenta la donna creata “dalla costola” dell’uomo e messa in scena come l’altra “io”, su un piano di parità e come interlocutore valido, accanto al maschio. È immediatamente riconosciuto da lui come “carne della sua carne e ossa delle sue ossa”. Ed è chiamata “donna” (‘issah) perché è stata presa dal maschio (‘is). Il termine biblico ‘issah indica l’identità essenziale con il maschio (‘is). Sostenuti da questo testo, diversi Padri della Chiesa4 affermano l’uguaglianza fondamentale degli uomini davanti a Dio. La donna è l’altro sé del maschio nell’umanità comune. Entrambi fin dall’inizio sono persone rispetto ad altri esseri creati. Ecco perché l’uomo può unirsi a lei, come moglie, diventa con la sua “sola carne” e quindi abbandonare il padre e la madre (cfr Gen 2,24). Fin dall’inizio, maschio e femmina appaiono come “unità dei due” che supera la solitudine originale. Il maschio non poteva esistere “da solo”, aveva bisogno di un aiuto adeguato e proporzionato.

Il carattere personale dell’essere umano (intelligente, libero e capace di amare) si esprime in modo unico nel rapporto reciproco e complementare tra maschio e femmina. E questa complementarità e reciprocità si estende a tutta l’umanità in quanto siamo stati tutti creati a immagine di Dio. L'”ethos” umano, il cui apice è il comandamento dell’amore, trova il suo fondamento nella realtà comune e originale che ogni essere umano, maschio o femmina, è stato creato a immagine di Dio. Dio, che è amore, ci chiama a riprodurre dinamicamente la Sua immagine, amandoci come Egli ci ama. L’unione spondiale tra uomini e donne, basata sull’amore unico ed esclusivo che si vive nel matrimonio cristiano, aperto alla procreazione dei figli, esprime in modo univoco il progetto di Dio su tutta l’umanità.

Genesi 3 descrive il peccato delle origini e le loro conseguenze. Uno di questi sarà il dominio del maschio in senso peggiorativo e la sottomissione della donna al maschio. “Ti dominerà” (Gen 3:16). Questo testo spiega la rottura del progetto originale di Dio, dell'”unità dei due”, maschile e femminile, della sua essenziale uguaglianza davanti a Dio che corrisponde alla dignità dell’immagine di Dio in entrambi. Questo “dominio maschile” provoca l’alterazione dell’uguaglianza fondamentale tra maschio e femmina e, quindi, lo squilibrio nella relazione interpersonale in evidente svantaggio per le donne. Con il peccato viene violata l’uguaglianza fondamentale tra i due, dono e diritto che deriva dal Dio Creatore stesso; le donne sono svantaggiate, diminuendo anche la vera dignità dell’uomo.5 Potremmo metterla nella direzione opposta, cioè abbiamo dedotto dal testo che non corrisponde alla volontà originaria di Dio o alla dignità dell’essere umano, maschio e femmina, che le donne siano sottoposte inferiori al maschio; la loro sottomissione è una violazione del progetto originale di Dio, è peccato. Le donne non possono diventare oggetto di dominio e possesso maschile. Allo stesso modo, non è nemmeno la volontà di Dio al contrario.

Certo, uno dei pericoli delle donne, nel suo legittimo desiderio di liberarsi dal dominio del maschio, è sempre stato quello di approvarsi alle caratteristiche maschili, anche ai suoi difetti, contro la sua originalità femminile. Lungo questa strada, le donne non sono completamente fatte e potrebbero persino deformare e perdere ciò che costituisce la loro ricchezza essenziale, l’enorme ricchezza. Le risorse personali della donna non sono inferiori a quelle del maschio, sono semplicemente diverse. Potremmo anche dire complementare. Le donne devono essere fatte come persona, come l’uomo, sulla base di queste risorse proprie, espressione della sua dignità e dell’immagine di Dio in lei. È il modo principale, forse non l’unico, per superare il peccato di sottomissione, umiliazione, disprezzo e così tante vessazioni che molte donne soffrono ancora ai nostri giorni.

Anche nell’Antico Testamento troviamo qualcosa di curioso e molto importante per l’argomento in questione. Dio, la cui immagine è stata creata dall’essere umano, maschio e femmina, è accreditato con qualità “maschili” e anche “femminili”. “Anche se una madre dimenticasse suo figlio, non ti dimenticherò mai” (Is 49,15). “Come una madre, così ti conforterò” (Is 66:13). In diversi passaggi l’amore di Dio per il suo popolo si presenta come l’amore femminile di una madre, una madre che genera, porta nel suo seno, partorisce nel dolore, nutre e conforta i suoi figli (cfr Is 42,14; 46,3-4). Anche in altri passaggi, il suo amore è presentato come amore maschile del marito e del padre (cfr Os 11,1-4; Ger 34.19).6 È chiaro che Dio non è un essere sessuato e che la differenziazione sessuata appartiene solo alle sue creature. Forse le espressioni più comunemente usate, dai testi biblici, sulla sua paternità ci portano subliminalmente a “mascolinizzare” in eccesso l’immagine di Dio che facciamo noi stessi. Nel suo effimero pontificato di trentatré giorni, Papa Giovanni Paolo I, nel 1978, osò dire che Dio è Padre e anche Madre.

Già nel Nuovo Testamento incontriamo Gesù, Dio umanizzato. Dio, per entrare nella storia dell’umanità, nella seconda persona della Santissima Trinità, il Figlio, ha scelto di incarnarsi “in un uomo”. Non c’è modo di trovare in esso un disprezzo per la femminilità. Gesù sorprese tutti, nella sua vita pubblica, con i rapporti semplici e diretti con diverse donne che parteciparono in un modo o nell’altro alla sua missione salvifica, qualcosa di straordinario nel suo tempo. L’atteggiamento di Gesù nei loro confronti è sempre stato di particolare trasparenza e profondità. Con questo comportamento provocò sorpresa, stupore, persino oltraggio o scandalo (cfr Mento 4,27; Lc 7.39; Mt 21.31). Ci sono molte donne, di diversa età e condizione, che riflettono le pagine dei vangeli; alcuni di loro lo accompagnarono nel gruppo dei discepoli. Appaiono anche come figure nelle parabole di Gesù. Nei suoi insegnamenti e comportamenti non troviamo nulla che rifletta la solita discriminazione delle donne nel suo tempo, piuttosto il contrario; le sue parole e opere esprimono sempre rispetto e onore a causa delle donne. Comprende che le donne non possono essere considerate un “oggetto” di piacere o sottomissione ma “soggetto” pari al maschio in dignità e vocazione.

È ammesso, anche da coloro che non accettano o si oppongono al suo messaggio, che Gesù era davanti ai suoi contemporanei un vero promotore della dignità delle donne e della loro vocazione. Gesù conferma quella dignità, la ricorda, la rinnova e la rende un contenuto del Vangelo e della redenzione. Egli integra molti di loro come custodi del messaggio evangelico nella sua vita quotidiana e nella sua missione salvifica. Alcuni sono i primi a testimoniare la risurrezione.7 Aver scelto dodici uomini come i loro apostoli, e non aver incluso nessuna donna nel gruppo, non si arrende a nulla di quanto affermato finora. Le ragioni di ciò devono essere ricercate e basate sullo studio teologico della coscienza divina e mesianica di Gesù e della sua volontà salvifica; in nessun modo, in una sorta di concessione di debolezza all’ambiente mascolinizzante del suo tempo. Certamente, se Gesù l’avesse voluto, avrebbe potuto includere, nel gruppo dei Dodici, donne che già facevano parte del suo discepolato. E senza dubbio la migliore “candidata” era sua madre, Maria.

È la donna più importante nella vita di Gesù, a cui amava molto, che occupava un posto privilegiato nel suo cuore. Dio, da ogni eternità, destinato a incarnarsi, a diventare uomo, e ha voluto nascere da una donna, nascere sotto la legge per salvare coloro che sono stati sottoposti dal peccato (cfr Gal 4,4), nascere come tutti noi siamo nati, da una donna, da nostra madre. È il gesto di Dio che riconosce al meglio la dignità delle donne e la dignitosa ulteriormente.8 I Padri della Chiesa chiamano Maria nuova Eva, cioè la nuova Donna, da cui nasce la nuova umanità salvata da Cristo.

In Maria, concepita senza peccato, immacolata, ci viene presentato il progetto originale di Dio su tutta l’umanità e su ciascuno di noi. Lei è l’autentica Eva, in lei vediamo riflessa, meglio di chiunque altro, l’immagine e la similitudine con Dio e, quindi, la dignità dell’essere umano, maschio o femmina. Potremmo dire che, attraverso Maria, Dio ci ha dato “in donna” il progetto originale e modello che è chiamato a riflettere ogni essere umano, maschio o femmina. Alcuni affermano che nel volto femminile e immacolato di Maria possiamo trovare, metaforicamente parlando, le fazioni del volto paterno e materno di Dio. San Giovanni Paolo II dice: “In Maria, Eva scopre ancora una volta qual è la vera dignità delle donne, della loro umanità femminile. E questa scoperta deve raggiungere costantemente il cuore di ogni donna, per plasmare la propria vocazione e la propria vita”.9

Attività ineludibile per tutti

Da qui spetta a tutti noi, specialmente ai cristiani, lavorare per la dignità delle donne in tutti gli aspetti e in tutti gli aspetti della vita ecclesiale e sociale. Sarebbe opportuno continuare a riflettere sui valori autentici della femminilità come la maternità, la verginità, la sponsality, per poi trasmettere agli altri il loro valore insostituibile nella famiglia e nell’educazione dei bambini, la loro proiezione nel mondo del lavoro, la loro partecipazione alla vita pubblica o politica o la prevenzione di qualsiasi forma di esclusione , assoggettamento, abuso o violenza contro di te.

Il Magistero della Chiesa ci ha recentemente invitato a riconoscere l’indispensabile contributo delle donne all’edificazione della Chiesa e allo sviluppo della società e, al tempo stesso, ad analizzare specificamente la loro partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa.10 E il Concilio Vaticano II aveva fatto eco a questo.11 Si tratta quindi di approfondire il contributo del pensiero cristiano alla dignità delle donne. E sulle donne nella Chiesa, dobbiamo disegnare la questione delle dinamiche delle sfere e delle lotte di potere, “il machismo nelle gonne” che alcuni dicono, e portarla al sacramento del battesimo, non ad un altro.

Papa Francesco promuove con determinazione una maggiore presenza delle donne nelle istituzioni ecclesiastiche e una maggiore partecipazione al suo governo. Non possiamo rimanere ignari di questa dinamica. È tempo di diluire pregiudizi infondati e prevenzione superate quando si condividono le responsabilità, pur essendo fedeli a ciò che la Chiesa stessa ci chiede. La presenza delle donne nella Chiesa è necessaria e insostituibile. È sempre stato e continuerà ad essere. La testimonianza di fede e di vita di molti cristiani nel corso dei secoli nella storia della Chiesa ci illumina e ci spinge nello sforzo di dignificare la presenza delle donne.

In conclusione, ritengo anche necessario ringraziare tutte le donne per il loro essere ed esistere in mezzo al mondo e alla Chiesa, come fece san Giovanni Paolo II: “La Chiesa rende grazie a tutte le donne e a ciascuna: per le madri, le sorelle, le mogli; donne consacrate a Dio nella verginità; per le donne dedite a tanti esseri umani che si aspettano l’amore libero di qualcun altro; per le donne che vegliano sull’essere umano in famiglia, che è il segno fondamentale della comunità umana; per le donne che lavorano professionalmente, le donne a volte gravate da una grande responsabilità sociale; per donne “perfette” e donne “deboli”. Per tutti loro, come sono usciti dal cuore di Dio in tutta la bellezza e la ricchezza della loro femminilità, come sono stati abbracciati dal loro amore eterno”.

Note

1 Giovanni Paolo II: Lettera pastorale Mulieris dignitatem, 1 (15 agosto 1988).
2 Paolo VI: Discorso ai partecipanti alla Convenzione Nazionale ICF (6 dicembre 1976).
3 Sant’Irenaeo di Lione, San Gregorio Niseno o Sant’Agostino, tra gli altri.
4 Origini, Clemente di Alessandria, Sant’Agostino, tra gli altri.
5 Cfr Giovanni Paolo II: Lettera pastorale Mulieris dignitatem, 10.
6 Cfr Giovanni Paolo II: Lettera pastorale Mulieris dignitatem, 8.
7 Cf. Giovanni Paolo II: Lettera pastorale Mulieris dignitatem, 12-16.
8 Il commento su questo testo di Papa Francesco nell’Omelia del I è prezioso. Gennaio 2020: “Nato da una donna. La rinascita dell’umanità è iniziata con le donne. Le donne sono una fonte di vita. Tuttavia, vengono continuamente offesi, picchiati, violentati, indotti a prostituirti ed eliminare la vita che conducono nel loro grembo. Ogni violenza inflitta alle donne è una profanazione di Dio, nata da una donna. La salvezza per l’umanità è venuta dal corpo di una donna: il modo in cui trattiamo il corpo delle donne comprende il nostro livello di umanità. Quante volte il corpo della donna viene sacrificato sugli altari profani della pubblicità, del profitto, della pornografia, sfruttati come terra da usare. Deve essere liberato dal consumismo, deve essere rispettato e onorato. È la carne più nobile del mondo, perché ha concepito e dato alla luce l’Amore che ci ha salvati. Oggi anche la maternità viene umiliata, perché l’unica crescita che la interessa è la crescita economica. Ci sono madri che rischiano di fare viaggi dolorosi per cercare disperatamente di dare un futuro migliore al frutto delle loro viscere, e che sono considerate come numeri che sovrascrivono la quota da persone che hanno lo stomaco pieno, ma le cose, e un cuore vuoto di amore.
9 Giovanni Paolo II: Lettera pastorale Mulieris dignitatem, 11. Cfr anche Lettera Enciclica Redemptoris Mater 46: “Alla luce di Maria, la Chiesa percepisce di fronte alle donne i riflessi di una bellezza che è specchio dei sentimenti più alti di cui il cuore umano è capace: la totale offerta dell’amore; la forza che può resistere ai dolori più grandi; fedeltà sconfinata e instancabile laboriosità; la capacità di combinare l’intuizione penetrante con la parola di sostegno e incoraggiamento.
10 Cf. Giovanni Paolo II: Esortazione Apostolica Chistifideles laici, 49-52 (30 dicembre 1988).
11 cfr. Feccia. Vaticano II: Decreto Apostolicam actuositatem, 9.
12 Giovanni Paolo II: Lettera pastorale Mulieris dignitatem, 31.

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