Dalla Bibbia: gli evangelisti sono teologi del miracolo

Quando leggiamo i racconti dei miracoli nei quattro vangeli, possiamo percepire che ci sono notevoli differenze tra loro, sia narrativi che concentrati. Gli autori sacri hanno scelto dalla tradizione orale alcuni insegnamenti di Gesù e li hanno sintetizzati o sviluppati guardando, soprattutto, alla situazione delle Chiese. Queste differenze rispondono a una causa: lo scopo teologico di ciascuno. Gli evangelisti non erano semplici cronisti della vita e della dottrina di Cristo, ma teologi che interpretavano questa vita e questa dottrina per offrire alle comunità il fondamento della loro fede e dei loro costumi. In questo modo, non è contro la verità della narrazione che ognuno si riferisce ai detti e alle azioni del Signore in ordine diverso e non cronologicamente, purché non perdano il loro significato più profondo. I loro scopi erano che i loro lettori conoscesse le fondamenta di ciò che avevano imparato (Lc 1,4) e rispondesse alle varie condizioni e contesti dei fedeli.
Sant’Agostino dice: “È molto probabile che gli evangelisti credessero nel dovere di avere, con l’ordine che Dio ha suggerito alla sua memoria, le cose che hanno narrato, almeno in quelle cose in cui l’ordine, qualunque esso sia, non toglie nulla alla verità e all’autorità del Vangelo. […] Ricordando le cose da scrivere, permetteva a ciascuno di organizzare la narrazione a modo suo e a chiunque la indagasse piamente di scoprirla con l’aiuto divino”.
I sinottici ci mostrano un Gesù compassionevole verso le persone che guariscono e liberano (Mc 1,41; Mt 14, 14; 15, 32; Lc 5,20) per dimostrare che nel Regno di Dio non ci sarebbero più stati afflitti, affamati o svantaggiati. Per san Giovanni, invece, l’importante è rivelare qualche aspetto unico della persona del Maestro. Tutti i segni che Egli fa sono annunci che Dio è diventato presente nel mondo attraverso la Sua persona. Per questo motivo, narra solo sette segni fatti da Gesù: i matrimoni di Cana (Nti 2,1-11); guarire il figlio di un ufficiale reale (Mente 4:43-54); la guarigione del malato nella piscina di Betzatá (Mento 5:1-18); moltiplicazione del pane (Mento 6:1-15); la passeggiata sulle acque (Nti 6:16-21); guarigione dei ciechi per nascita (Mente 9,1-7) e risurrezione di Lazzaro (Mente 11:1-44). Ricordiamo che il numero sette è un’espressione di perfezione ed eccellenza.
Per Giovanni, i segni fatti da Gesù includono alcuni dettagli straordinari che rivelano che ha fatto “opere che nessun altro ha fatto” (Mente 15:24). Ai matrimoni di Cana, converte seicento litri di acqua in vino. Nel guarire il figlio del funzionario reale, il malato era a trentacinque chilometri di distanza. Il paralitico della piscina di Betzatá era malato trentotto anni fa. Il cieco a cui viene restituita la visione era fin dalla nascita. Lazzaro era stato nella tomba per quattro giorni quando fu rianimato, ecc. Un altro elemento importante è che i suoi segni sono spesso accompagnati da piccoli discorsi che rivelano chi li ha fatti: Gesù è proprio come il Padre (Mente 10, 30), opera il sabato (N 5,16; 7, 23), è il pane della vita (N 6,35, 48, 51), la luce del mondo (8,12 2; 9,5) e la risurrezione e la vita (111 201). , 25). Rispetto ai sinottica, saltano immediatamente le loro differenze.
D’altra parte, se ci fosse stato chiesto se Gesù desse ai suoi discepoli il potere di compiere miracoli, risponderemmo affermativamente, perché i sinottici testimoniano la guarigione e la resurrezione degli apostoli (Lc 9,1, 6; Mc 16, 17-18). Ma Giovanni afferma che solo Gesù fa questi segni. Non dice mai che un giorno gli apostoli li faranno, perché i loro segni sono il veicolo attraverso il quale rivela il suo essere divino e l’intimità con il Padre. Giovanni si spinge fino ad affermare che nemmeno Giovanni Battista fece segni (Mente 10,41). Pertanto, mentre leggiamo i racconti dei miracoli, non dobbiamo dimenticare che ogni evangelista li ha narrati tenendo conto del loro significato alla comunità che li ha letti. Ognuno rivela qualche aspetto dell’interiorità di Gesù e risponde alla domanda più importante di tutto il Vangelo: Chi è Gesù?
San Giovanni, con la sua teologia personale, ci offre varie risposte a questa domanda. Caifa e i farisei rifiutano di credere di essere il Messia atteso e consigliano di uccidere Gesù (Gia 11:50). Nicodemo (Mento 3,3-5), i fratelli di Gesù (Mento 7,3-6) o la moltitudine (Mento 6:26) videro i segni, ma vi rimanevano, non scoprivano il Messia. Il funzionario reale (N 4,53) o il cieco per nascita (N 9,38) comprende il vero significato dei segni, crede in Gesù e sa chi è. Infine, c’è chi crede senza aver visto. Questa è la fede che Gesù loda: “Felici sono coloro che credono senza aver visto!” (20:29). È la fede nei miracoli che dovremmo avere. Ω

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