Ancora una volta, José Lezama Lima e i contenuti della fede cattolica

José Lezama Lima

APOSTILLAS

 

  1. Come introduzione. Non riesco a individuare esattamente quante volte ho parlato e scritto di questo argomento – dopo l’inaspettata morte di Lezama – in quasi tutte le sue varianti, con l’inclusione della “vecchia” discussione sull’identità cattolica del nostro poeta. La rivista Word New ne è consapevole in più di un’occasione. Ho proposto un altro argomento per questo tema: la presenza del cristianesimo nel transito culturale in Occidente, dall’età antica al Medioevo. Questo tema mi interessa molto e, accettabilemente sviluppato, è stato oggetto di una “master class” di corso di chiusura, qualche anno fa, al Colegio Universitario San Gerónimo. Il Collegio ha fatto un’edizione molto attenta del mio testo. Spesso, alcuni amici e studenti me lo chiedono, ma non ho più copie; da qui l’idea di dedicare questa Apostille a quel soggetto. Ho proposto, in alternativa, di affrontare, ancora una volta, la religiosità cattolica di Lezama: ortodossa, ma sui generis.
  2. Qualcuno che può farlo e sa come farlo, mi ha chiesto l’alternativa lezamiana, non la mia proposta originale, di genere storico. Naturalmente, parlare e scrivere di Lezama – i suoi testi esuberanti, il suo pensiero ecumenico, la sua religiosità cattolica e la sua vita singolare – non mi stanca, né sono annoiato; Imparo sempre da lui, assaporando le sue impetuose infinite e gioiose. Prendendo in prestito e parodia – con tutto il rispetto e la devozione mariana – il noto detto della mariologia, mi permetta di affermare, in un contesto culturale cubano, De Lezama, numquam satis. Non esauriremo mai il tema lezamariano. Il poeta è una miniera inesauribile. Ed eccoci qui, cercando di compiacere e… Per favore. Spero che coloro che hanno letto e sentito altri miei testi sul poeta sappiano scusare ripetizioni e luoghi comuni; Non sarò in grado di evitarli, perché oggi non inventerò un altro Lezama.

    José Lezama Lima
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  3. Mettere il dente insistentemente in un osso duro per rosicchiare: l’identità cattolica di Lezama; Penso che sia opportuno chiarire che, a livello personale, prendo per la convinzione che Lezama fosse cattolico, dalla culla alla tomba. Credo che, se del caso, non vi sia alcuna indicazione né di agnosticismo o ateismo, né di qualsiasi altra confessione religiosa, non cattolica, cristiana o di altro tipo. Sebbene fosse un uomo ecumenico, non aveva relazioni di connessione personale né con le confessioni religiose evangeliche presenti a Cuba, né con le forme sincretiche, derivate dalle religioni africane e da un certo cattolicesimo poco conosciuto e peggio interiorizzato. Li conosceva tutti – il suo appetito cognitivo, come quello digestivo, era insaziabile – ma non flirtava con nessuno. Inoltre, confesso che non mi piace rovistare su un argomento che alla fine è legato al santuario della coscienza personale, che si tratta di Lezama o di nessuno di noi. Non mi piace lo scavo nel mondo interiore degli altri e respingo, con tutta la forza di cui sono ancora capace, la pretesa che in questo settore – quello dell’identità cattolica e della coscienza personale – possiamo ottenere risultati forti, di natura marmorrica.
  4. Cosa succederebbe se lasciasse parlare Lezama stesso; se lo chiamassi per presentarci la sua vita reale ed esprimerci sul tema della sua coscienza religiosa personale, con le sue stesse parole? Penso che egli stesso, parlandoci oggi dal suo lavoro e dalla memoria della sua vita, sia l’unico accesso a una risposta accettabile. I suoi testi sono editi e i fatti e gli atteggiamenti della sua vita sono ben noti a noi. Non era un’esistenza nascosta, ma molto visibile a tutti noi che eravamo i suoi connazionali Haban.
  5. I limiti di questo articolo rendono impossibile analizzare in dettaglio scritti e fatti o atteggiamenti. Citerò alcuni testi illuminanti e non farò trucchi, o nasconderò le carte mazzo nella mia manica. Lo considero sufficientemente evidente, in essi, l’identificazione del poeta con il cattolicesimo, al livello delle sue convinzioni religiose più profonde e che definiscono il suo modo di essere, anche se non è stato, per tutta la sua esistenza temporale, un cattolico esemplare, assiduo alla Messa domenicale – negli anni dei “convivios” originisti a Bauta, all’ombra di padre Gaztelu , lo era – e ad altre pratiche religiose comunitarie e visibili. Non ignoro il fatto che qualsiasi specialista potrebbe incontrare una sciabola moresco, sostenuta da testi che consentirebbero a Lezama di essere considerato un esponente, non di una religione diversa da quella cattolica, ma un cattolico ambiguo in alcune delle sue convinzioni filosofiche; cioè, come cattolico eterodosso o “orrfico”, come alcuni amici lo hanno chiamato, e anche se stesso, per metà scherzosamente, mezzo seriamente. Dalle citazioni, sia dalla loro poesia, sia dalla loro prosa, narrativa o saggismo, alcuni autori hanno indicato un certo dualismo neoplatonico o gnostico, di taglio alessandrino, che sembrerebbe sbirciare sotto i testi, come una sorta di fuga da un antico reflusso indiscreto, dai tempi delle nostre bisnonna. Se così fosse, equivalrebbe ad affermare l’ambiguità menzionata, ma sarebbe così?
  6. Credo che tutto si risolva positivamente se sappiamo come inserire questi testi provocatori nel loro contesto letterario e nel quadro insostituibile della vita di Lezama. Inoltre, non dobbiamo non tenere conto del pluralismo delle espressioni testuali, artistiche e vitali all’interno del cristianesimo, e che, una cosa è essere cattolici, e un’altra è che, nonostante queste convinzioni, ancora una volta, il nostro autore “ha tolto i piedi dal piatto” e ha subito qualche lapsus testuale che non sminuisce la certezza delle sue convinzioni , ma semplicemente solidifica il poeta con la fragilità umana che tutti condividiamo. E noi scrittori ne soffriamo, in modo molto speciale e doloroso, quando si tratta della buona scelta di una parola, di una frase o di un paragrafo o addirittura di un genere letterario, al fine di ottenere la migliore trasparenza Chi tra noi non subisce almeno lievi contraddizioni di questo tipo? “Egli che è libero dal peccato, che getti la prima pietra” (Min 8,7). Così Gesù disse davanti alla donna colta dall’adulterio e i Vangeli raccoglieranno la scena da noi.
  7. Non so se ce ne saranno tra i miei lettori, ma puoi essere sicuro che lo sparatutto di strada dei seborucos schiacciati non sarò io, portaasciugamani come sono per natura, che nella mia vita non breve, quello che ho cercato di imparare a lanciare sono fiori, non pietre. O meglio, non per gettare fiori, ma per offrirli delicatamente. E per le migliori ragioni, li offro anche a Lezama, uno degli intellettuali dell’Avana che ho apprezzato di più e al quale quasi tutti i cubani sono grati per il divertimento che le loro lettere ci permettono, e perché ci ha insegnato, con i suoi testi e con la sua vita, le carambolas dell’esistenza, vissute nei primi e fuori della vera Avana , quella quasi segreta, quella che María Zambrano poteva vedere, che ci amava bene. Quell’Avana che spesso ci sfugge o semplicemente non percepiamo perché abbiamo uno sguardo maltrattato. Non l’altra Avana, quella delle bullangas e dei colorini, che inciampiamo in ogni angolo.
  8. D’altra parte, mi sembra che non dovremmo chiedere a Lezama le precisione filosofiche e teologiche della letteratura magisteriale cattolica. Lezama era un poeta multiforme e prosista, molto fecondo e di qualità superiore e, per quanto riguarda l’argomento in questione, aveva una formazione intellettuale autodidatta ben al di sopra della media dei cattolici habani dell’epoca. Se insisto sull’identità cattolica del poeta, lo faccio non per lo scopo di “unionista”, ma per il servizio alla verità del nostro autore e per facilitare la sua comprensione diafana.
  9. Cito alcuni esempi illustrativi o forse meglio illuminanti della fede cattolica di Lezama: la “preghiera tomista”, inclusa nei Trattati dell’Avana (p. 46, Cuban Book Institute, 2009); “Loanza de Claudel”, 11 marzo 1955 (ibid., p. 72); i “Sonetti alla Vergine”, inclusi nella sua poesia completa (p. 36), esponenti di un’ottima mariologia cattolica; l’ampio e unico poema “San Juan de Patmos ante la Puerta Latina” (ibid., p. 61), che denota sia un’antropologia cattolica che un’ecclesiologia, nonché una spiritualità dello stesso tipo e di taglio piuttosto tradizionale; del Capitolo III del Paradiso, La conversazione di Augusta, a Jacksonville, con Florita Squabs, che stabilisce esplicitamente l’esttachment dalla religiosità riformata degli Squabs. Mi sembra che queste citazioni, prese dai vari generi letterari affrontati da Lezama, possano moltiplicarsi; Ritengo, tuttavia, che siano sufficienti per chiarire questa breve analisi.
  10. Ho l’impressione che prima della pubblicazione di Paradiso, cioè prima del 1966, e tenendo conto non solo della rivista Orígenes, ma anche degli altri nella cui direzione apparve il nostro poeta di Trocadero, così come le sue poesie, articoli e numerose conferenze, nessuno aveva paura di rubare la qualificazione del cattolico a Lezama. Si diceva spesso che non era un cattolico praticante regolare, né di comunione frequente, né era tra i membri dell’Azione Cattolica o i Cavalieri di Colombo, ma sposò la Chiesa molto visibilmente e nella sua vita gesti di relazione con i cattolici si moltiplicarono; è stato ripetuto, da fas e nefas, che nelle frequenti discussioni su questioni religiose con il suo migliore amico, monsignor Angel Gaztelu, in cui apparentemente non erano d’accordo, il sacerdote ha accelerato il punto finale dicendo: “Lezama, non dimenticare che sei cattolico!” a cui Lezama reagì dicendo: “Gaztelu, ricorda che sono cattolico a modo mio”, e Gaztelu rispose immediatamente , come quello che morde un peperoncino piccante: “Lezama, questo è il modo migliore per non essere cattolici!” Questo tipo di discussione scherzosa ha finito per diventare il rituale obbligatorio per cedere il passo a un altro argomento di conversazione ed evitare così una disputa religiosa che minacciava di essere noiosa per i contertules.
  11. Nel paragrafo precedente ho incluso l’espressione “apparentemente in disaccordo” perché non è necessario essere stati molto amici di Lezama per conoscere il suo senso dell’umorismo e l’introduzione, negli scritti e nelle conversazioni, di tali provocatori che non intendevano darci una lezione di logica aristotelica, ma spruzzare con pepe e un sacco di origano della terra, di peperoncino habanero e altri condimenti , per ottenere un gusto migliore in materia. Amen che, a mio avviso, potremmo anche fare un’esegesi positiva della nota espressione “cattolico a modo mio”, se fosse intesa secondo il buon umore: non come un cammino capriccioso, che ci allontanerebbe dal cammino della Chiesa, ma come una ratifica della sincerità della scelta da parte della fede cattolica; cioè, voi siete cattolici non sulla via di un altro, né a causa dell’adozione esclusivamente epidermica di schemi che non si basano sul mondo interiore personale. Secondo questa esegesi proposta, la frase potrebbe esprimere che egli è cattolico in modo personale. Cioè, il cattolicesimo è assunto così com’è, ma nello stile personale; “essere cattolico a modo mio” potrebbe significare che interiorizzi il cattolicesimo in me stesso, pur essendo lo stesso cattolicesimo delle “regole della fede”. Fin dai tempi apostolici, lo sappiamo, il cattolicesimo è unico e, allo stesso tempo, multiforme nelle espressioni di fede che non ne influenzano la sostanza.
  12. Possiamo continuare, quindi perché, allora, questi dubbi sulla qualità del cattolicesimo lezamico, dopo la pubblicazione di Paradiso, il suo immenso romanzo, che è anche un poema della migliore qualità? Mi dispiace quasi dire quello che penso! Molto semplicemente, perché molti membri della Chiesa, ai quali appartengo volentieri per grazia di Dio, sia alcuni personaggi notevoli che semplici personaggi delle sacrestie habaneras, consideravano il famoso Capitolo VIII del romanzo Paradiso, quello della discesa all’inferno, in contraddizione con la fede cattolica.
  13. Questo tipo di considerazione negativa, che va ben oltre il giudizio letterario e mira a raggiungere l’intimità lezamica, la sua stessa, mostra, prima di tutto, una disrecognita, abbastanza ampia come la conoscenza, del genere letterario “romanzo” e di quel genere peculiare, quello del “romanzo poetizzato” o del “poema novelizzato”; così come le licenze che questo genere non solo permette, ma include necessariamente: la progressione dell’azione drammatica e dell’espressione simbolica in un testo il cui titolo evoca esplicitamente la Divina Commedia di Dante Alighieri e, forse anche, nella sordità, Il paradiso perduto di John Milton. In secondo luogo, mostra anche che quando venne alla luce la prima edizione del romanzo, nel 1966, molti non capirono quel capitolo e lo qualificarono erroneamente come “pornografico”, a causa di un linguaggio molto esplicito di colorazione sessuale. Lezama avrebbe potuto usati un’altra forma di narrazione poetica in quel capitolo? Certo che lo è, ma la forma che ha scelto non dovrebbe essere un perno di discernimento del cattolicesimo lezabriano.
  14. In generale, la maggior parte dei cattolici dell’epoca non aveva letto Lezama; non gli piaceva la sua poesia o la sua prosa e, di conseguenza, non capivano la sua personalità unica, né apprezzavano Paradiso come quello che è, lo straordinario romanzo cubano del XX secolo. Grazie a Dio, questo sunnita di tosse e miosità non è ciò che prevale oggi nella Chiesa cattolica a Cuba. Esiste, ma non prevale, né in relazione a Lezama, la cui bonhomía è già quasi universalmente riconosciuta, né in relazione a quasi nulla. Potresti sentirti letterario o meno in relazione all’opera di Lezama, ma questo è qualcos’altro.
  15. Considerazioni molto personali. Lezama ha deciso, credo, di abituarci alla vera saggezza, che non solo accumula conoscenza, ma che ci rende in grado di stabilire le relazioni più insolite e creare con loro una nuova realtà. Altrimenti, non sarebbe se stessa. Permettetemi, in questo luogo del testo, la breve menzione della “Rapsodia per il Mulo” (uno dei poemi lizami che preferisco). Lezama, di fronte a una domanda sulla corrispondenza del simbolo, avrebbe dichiarato: “Il muto sono io”, conferendo al poema un valore autobiografico che ci punge per ottenere la migliore esegesi possibile della strana “Rapsodia…”. Ricordiamo il testo: le allusioni alle voragine, alle gole e alla fascia che porta il muto perché Dio lo vuole; Inoltre, è Dio che lo stringe, le impedisce di disperare e viene a permetterle il dono della creazione. Il muto, da parte sua, cammina lentamente, ma acquisisce il passaggio sicuro e diventa in grado di adattarsi, all’ingresso dell’abisso, agli alberi bagnati: “Con i quali sicuramente il muto passò nell’abisso […] Passo è il passaggio, scatole d’acqua, sashed da Dio / il potente muto dorme tremante. / Con gli occhi seduti e acquatici, / finalmente gli alberi muti si inserisce in tutto l’abisso. (Ibid., pp. 133 s.).
  16. Se, in materia di fede (esperienze, presentazione dogmatica di essa, testi celebrativi, manifestazioni legate all’estetica, ecc.), la Chiesa imporrebbe un’espressione uniforme e rifiuterebbe la “cattolicità” (universalità), si chiuderebbe alle dinamiche evangelizzatorie imposte da Gesù stesso, Redentore, Signore e Maestro: in ogni luogo e fino alla fine dei tempi, che non si riferisce esclusivamente a un problema geografico e cronologico. È una questione di impianto o incarnazione del Vangelo – critico, certamente – in tutte le culture.
  17. Non mi sembra che Lezama possa essere accusato di essere eterodox per essere stato più temperamentalmente comprensivo con il neoplatonismo, un’offerta di migliori possibilità avvolgenti e unitive per la sua anima barocca che con il neotomismo aristotelico che ha incontrato, toccato da una certa freddezza, coloro che sostengono l’eterodossia di Lezama sapranno in cosa risiede l’ortodossia cattolica? Non è successo nel nostro paese che molti identifichino il cattolicesimo con un’immagine o una caricatura che, in un modo o nell’altro, hanno percepito? In questa ipotesi, quando la realtà sfugge all’immagine o rinuncia alla maschera e alla caricatura, grava la realtà con un qualificatore che, in molti casi, corrisponderebbe meglio alla concezione falsa o unilaterale della fede cattolica.
  18. Accuse simili sono state lanciate in faccia ai santi pensatori, la cui dottrina – filosofica, teologica o spirituale – a lungo termine, e talvolta a medio e breve termine, è stata considerata un eminente esponente di qualche percorso di ortodossia cattolica. Conoscendo personalmente fino a che punto i contenuti della fede di Lezama fossero tradizionali, quasi infantilimente tradizionali, inclusivi dal rosario alla mano, baciando il timbro della Vergine Maria e dei santi della loro devozione e del facile bagliore al miracolo o alla semplice meraviglia della colorazione religiosa cattolica, oltre ad avere in mente e davanti alla loro steely ironica estraniazione dei gruppi e degli atteggiamenti religiosi derivanti dalla Riforma e dalla loro esprime simpatia per le lettere e le forme di bellezza generate dalla Controriforma Cattolica, non posso non considerare un’implicita autoconfezione dell’ignoranza sull’argomento interrogando la cattolicità del poeta. Mi può o non può piacermi il suo stile letterario neobarondo; Posso considerare ingiuste le critiche che, in privato, tra amici, potrei muovere a una decisione pastorale di un vescovo; Posso censurare il genere letterario, così portato e portato, dal Capitolo VIII del Paradiso, eccetera, ma questa è un’altra cosa.
  19. Eterodosse per il suo indiscusso neoplatonismo, qualcuno sostiene; dalla sua esplorazione di fonti pagane, non escluse dalla sua visione del mondo, ne afferma un’altra. Queste frasi autorizzano gli scritti di Lezama che lo qualificano come cattolico eterodox? Il cattolicesimo proclama l’unità nei contenuti della fede come una delle sue note caratteristiche e, allo stesso tempo, si definisce cattolicesimo, e include la cattolicità, cioè l’universalità, come un’altra delle sue note distintive. Mi sembra che ridurrebbe la comprensione dell’universalità, se si attenesse ai livelli più epidermico, quelli delle coordinate geografiche e temporali. Non è solo un intelletto semplificante e semplicistico del cristianesimo come religione della Buona Novella, la Via di Gesù destinata a tutte le persone di tutti i luoghi e momenti del cammino umano, ma di stringere a questa verità tutti i suoi succhi e ragweed.
  20. Per raggiungere la sua vocazione universale e abbattere i muri che innalzano le nostre piccolezze e piccolezze, il Vangelo, come Gesù, deve essere incarnato, diventare una carne umana fragile, povera, discreta e persino fragile, in tutti i punti che compongono la linea parabolica della storia umana, senza perdere il suo volto genuino, senza diluire le caratteristiche che la identificano: l’onore dello sguardo , la benevolenza del sorriso, l’odore squisito, la fronte ampia e ruvida – manifesto della saggezza centuriale – e la cura dell’udito. “Ebreo con gli ebrei e il greco con i greci”, disse lo stesso san Paolo di Tarso, il quale, con la stessa certezza, riuscì ad affermare che non era più lui a vivere in se stesso, ma che era Cristo il contenuto del suo bicchiere di argilla perché, per lui, “vivere è Cristo”.
  21. La persona umana che accoglie Gesù Cristo come la sua vita, animatrice del suo fango, nasce a Betlemme, cresce a Nazaret, si lascia battezzare nel Giordano dal suo parente Giovanni, celebra a Cana, siede a tavola dei pubblicani, conversa ai margini della strada e accanto al pozzo fondamentale con il Samaritano dei tanti mariti, non sfugge all’amicizia notturna del fariseo Nicodemo , né smette di condividere il tavolo con altri membri della sua setta, loda la fede del centurione pagano, prima che l’adultero scriva solo parole nella sabbia e riesca a far sparire le pietre della giustizia unmisericorde, riposa a Betania a casa dei suoi amici Lazzaro, Marta e Maria, sale in un borrico e tra le palme dai sentieri dilaganti che lo portano a Gerusalemme , muore sul Calvario e, risorto, facendo rotta con quelli di Emmaus, apre loro le porte della speranza.
  22. Difficile conciliare quello dell’unità dei contenuti della fede con l’effettiva cattolicità di essi e, per quanto difficile, non sempre ben raggiunto. A volte l’enfasi dell’unità è stata dannosa per la cattolicità, o l’enfasi su di essa ha causato declino nel primo. Eterogeneo e pluritonale, ma uno è solo cattolicesimo, anche se non uniforme perché, se questo fosse inteso come un obiettivo felicemente irrealizzabile, un tale atteggiamento equivarrebbe all’assurdo desiderio di stabilire una contraddizione nei termini di definizione. Mi sembra che uno dei possibili approcci linguistici al mistero, inarrestabile nelle sue essenze più delicate, del dono divino della fede cattolica, sarebbe quello di delinearlo come comunione eteromorfa dell’amore, vissuta nel sincretismo culturale più interpenetrante che si possa immaginare, basato sulla roccia che è la persona di Gesù e nel suo Vicario, che è un infallibile garante dell’autenticità.
  23. Uno è la fede nell’Eucaristia, punto centrifugo e centripeta della vita cattolica, e varie forme in cui è intesa, celebrata e celebrata. Che distanza tra la sobria e monofotica liturgia romana e le arborescenze multicolori dei culti eucaristici delle Chiese orientali! Cattolica è la travolgente nudità basilicale di Santa Sabina nell’Aventino e anche cattolica l’abbagliante barocco del Gese, i solidi pilastri della Cattedrale Rosa di Magonza, le frecce inaudite di Chartres, gli accecati dorati dei templi bavaresi e austriaci, la rottura nella giungla della banalità architettonica nella Sagrada Familia di Gaudí e l’iconostasi a candele del mistero intuito nei profumi del copioso incenso dei templi del cattolicesimo greco e dello slavo. Tutte le possibilità delle arti plastiche e della musica potrebbero illustrare con margine di flessibilità l’eterogeneità illimitata dell’espressione del cattolicesimo multiforme. Servatis servandis et mutatis mutandis, perché non il pensiero e il linguaggio che lo rivela?
  24. Il neotomismo, il sistema quasi ufficiale del pensiero cattolico da molto tempo, ha il suo humus germico in cui viene battezzato prestando il suo nome, San Tommaso d’Aquino. Questo, nel suo XIII secolo, subì i sospetti di eterodossia a causa della sua esttainmenta dal neoplatonismo plotiniano di Agostino e Anselmo, santi anche entrambi e dei quali l’aquinatense stesso era sempre considerato un debitore; di quello stesso neoplatonismo che per lungo tempo si identificava in Occidente con l’ortodossia e dal quale, nel corso dei secoli, i pensatori cristiani non hanno mai smesso di bere, sia i teologi più sistemistici, razionali etersotici, sia i mistici più ineffabili e asintomatici, artigiani della metafora, dell’allegoria e della parabola. Le illustrazioni della storia e della contemporaneità sono così numerose che l’insistenza sarebbe superflua.
  25. L’espressione dei contenuti della fede cattolica trabocca quindi dell’unicità delle categorie filosofiche e delle strutture e delle loro epifanie linguistiche, il tutto unto dall’esaltazione del tesoro da manifestare – una perla preziosa che merita la vendita di tutto il resto per acquisirlo – ma portatori, simultaneamente e inevitabilmente, dei limiti della stessa ragione , lingua, confini e requisiti spazio-temporanei imposti dall’economia dell’Incarnazione. La Verità su Dio e sull’uomo, in Gesù Cristo e nella sua Chiesa cattolica, deve seguire la via e punire il verbo fino a diventare una buona notizia sia per l’ebreo che per il greco del tempo di san Paolo di Tarso, e per la persona umana situata in qualsiasi momento lungo la linea, con la sua specificità non trasferibile.
  26. Non avremmo dovuto portare Lezama lontano dal suo ego e dal suo stile personale di apprensione per i cubani. Il barocco era il suo paladeo e nel barocco trovò la peculiare sabrosura della Controriforma Cattolica. Sempre, secondo Lezama, “c’è la cosa”, perché lo stile barocco è la forma non impotente dei suoi contenuti, che meglio incontra la nostra specificità insulare caraibica. Né era eterodosso per immergersi nel Taoismo e in altre culture pagane, poiché l’esperienza storica e contemporanea della Chiesa cattolica è, anche in questa lavorazione, quella di questa immersione ripetuta e instancabile, per scopi generosi e saggi: trovare i semi della Parola, i semi della Verità. Anche se riconosciamo che, né Lezama né nessuno, hanno sempre ottenuto piatti ben stagionati nelle immersioni, questo non ci giustifica a praticarlo, armati dello squisito discernimento, tipico di un bilanciatore esperto e di un maestro della cucina indiana o cinese, che sa scegliere tra l’incorporazione per nutriente, e ciò che, per quanto dannoso, dovrebbe essere abbandonato in qualche destriero apocalittico. Solo così si può contribuire alla crescita della persona – di tutte le persone e di tutta la persona – delle dimensioni che gli appartengono.
  27. Epilogo. Ed è proprio questo che il poeta ha proposto con il suo singolare magistero, che ringraziamo Dio come dono ineffabile al nostro popolo e alla nostra Chiesa. Questo significa che lo sto equiparando a san Francesco d’Assise o a sant’Ignazio di Loyola? Non canonizzi Lezama, ma nemmeno io la demonizza. L’ho incoraggiato come persona e l’ho ammirato come lo scrittore poliedrica che è. E io non lo escludo dalla comunione ecclesiale, che viveva con la verità, ma… a modo suo!

 

L’Avana, 13 luglio 2013.

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