I resoconti evangelici illustrano l’intera gamma di atteggiamenti che si possono assumere di fronte ai miracoli di Gesù. Alcuni dei suoi contemporanei cercavano solo il prodigio ed erano insensibili al segno, così gli dicono: “Quando si vuole farsi conoscere, non agisce in segreto; per voi fate queste cose, manifestatevi al mondo” (N 7,4). Ma Gesù risponde: “Il mio tempo non è ancora arrivato, dove vi è noto in qualsiasi momento è buono” (N 7,6). E non lo seguirono perché avevano visto i suoi segni ma “[…] per mangiare il pane fino a quando non viene saziato” (N 6,26).
Altri, anche se videro le loro meraviglie, si rifiutarono di capire il loro vero significato e attribuirono il miracolo ad altre fonti: “[…] stavano dicendo che aveva Belcebub dentro e che espulse i demoni con il potere del capo dei demoni” (Mc 3,22). C’erano anche coloro che beneficiavano dell’azione di Dio, ma non fu in grado di raggiungere un incontro personale con Gesù: “I dieci non sono stati puliti? Gli altri nove, dove sono? Non c’è stato nessuno che torna a ringraziare Dio tranne questo straniero? (Lc 17:17-18). Infine, alcuni scoprono il significato profondo del fatto miracoloso e riconoscono Gesù come inviato di Dio: “Chi è lui, Signore, per credere in Lui? Gesù gli disse: l’hai visto, è lui che ti sta parlando. Ha detto, credo, Signore. Ed è caduto davanti a lui” (N 9,35-38). Per professione di fede, posizionare il miracolo nel loro vero contesto salvifico. Certamente, la fede precede sempre il miracolo nella Bibbia.
Questa verità può essere illustrata con molti esempi. Nel racconto della guarigione del figlio del funzionario reale, l’evangelista ci dice: “L’uomo si fida delle parole che Gesù gli ha detto e si è messo sulla sua strada” (N 4,50). E prima della rianimazione di Lazzaro, il Figlio di Dio dice a sua sorella: “Chi crede in me, anche se muore vivrà … credi?” E lei disse: “[…] Sì, Signore, io credo” (Mente 11,25-26). Gesù guarisce il paralitico dopo aver verificato la sua fede: “Vedendo Gesù la fede che aveva, dice ai paralizzati: Figliolo, i tuoi peccati ti sono perdonati” (Mc 2,5). Nei casi dell’emorragia di Gerico e del cieco, Gesù usa le stesse parole: “La vostra fede ti ha guarito” (Mc 5,34; 10,52).
Il Maestro si rifiuta di attirare l’attenzione di persone con portentos spettacolari (Mt 4,5-7; Lc 4: 9-12). Pertanto, quando i farisei rivendicano, come condizione per credergli, un segno dal cielo, Gesù risponde loro con un clamoroso rifiuto: “Perché questa generazione chiede un segno? Vi assicuro: a questa generazione non sarà dato alcun segno” (Mc 8,11). Non si aspetta che la fede sova a causa del miracolo, la richiede come condizione per eseguire il miracolo: “Hai fede che io possa farlo?” (Mt 9,28-30), chiese ai due ciechi che lo seguivano; e alla sua risposta affermativa dice: “Che accada come avete creduto” (Mt 9,29). Il miracolo, nella sua pura materialità in effetti straordinari, è spesso ambiguo e lo incapacità di suscitare fede. Le meraviglie dei maghi pagani e degli stregoni provocarono ammirazione, meraviglia o paura, ma non fede.
I miracoli, come segni del Regno, compieno una funzione rivelatrice della gloria del Figlio di Dio (Gian 2,11; 4, 54; 12, 18). “Vedendo il segno che Gesù aveva appena fatto, il popolo disse: Questo è veramente il Profeta che deve venire nel mondo” (N 6,14). Tuttavia, come opere, i miracoli costituiscono la testimonianza del padre per il Figlio che è il suo inviato: “Non posso fare nulla per me stesso. Quello che cerco non è fare la mia volontà, ma quella di chi mi ha mandato” (N 5,30). “Le opere che faccio per conto di mio Padre mi testimoniano” (10,25 25 25 25). Il libro degli Atti evidenzia anche questa funzione dimostrativa, quando l’apostolo Pietro ci dice: “l’uomo che Dio ha accreditato attraverso i miracoli, le meraviglie e i segni che tutti conoscono. Dio lo resuscitò liberandolo dalle ansie della morte, perché non era possibile per lei avere il dominio su di lui” (Atti 2,22-24).
Guarigioni, pasti con i peccatori, perdono dei peccati e altri segni di misericordia testimoniano che il Regno di Dio è venuto come grazia santificante; e dovrebbe essere accolto contemporaneamente, come dono gratuito e impegno personale. L’impegno qui citato è quello della fede come condizione di realizzazione. Comprendere i miracoli come meraviglie portentose o come fenomeni straordinari che sostenevano la fede li avrebbe separati dal vero contesto umano e salvifico in cui acquisiscono il loro pieno significato. I miracoli di Gesù suppongono la fede, non ci credono. Per questo motivo, la fede che Poteva compiere miracoli era la condizione per i miracoli di fede che gli evangelisti ci testimoniano. Ω
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