“La tristezza del bene degli altri,
e più del bene di un fratello,
è il peccato che Dio
rimproveri principalmente.
Sant’Agostino
La Città di Dio, XV, 7, 1.
Più di quattro decenni fa, durante una visita che ho fatto a Cintio Vitier nella sua cella cubica della Biblioteca Nazionale, mi ha detto, non ricordo quale problema: “Unamuno ha detto che il male nazionale della Spagna è l’invidia, invece, quella di Cuba è risentimento. ” All’epoca ero quasi un adolescente e non pensavo troppo alla frase, ma per qualche motivo non l’ho dimenticata. Solo ora, più vicino alla fine della mia vita che ai suoi inizi, torno alle ragioni che hanno assistito l’autore di Niebla e quello del cubano nella poesia, di aver trovato nelle pagine di Origins un saggio di María Zambrano intitolato “I sacri mali: invidia”.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica definisce l’invidia come “la tristezza vissuta per il bene del prossimo e il desiderio disordinato di possederlo, anche impropriamente” (CEC, 2539). È uno dei peccati capitali, che sant’Agostino considerava “il peccato diabolico per eccellenza” forse perché era consapevole del libro della Sapienza che afferma che “la morte è entrata nel mondo per invidia del Diavolo e i suoi seguaci devono soffrirla” (Sab 2,24). La Sacra Scrittura è piena di esempi impressionanti: per invidia Caino uccise suo fratello Abele (Gen 4,2-12), invidiando i fratelli del visionario Giuseppe lo gettò in un pozzo asciutto e poi lo vendette come schiavo (Gen 37,1-28), per invidia il ricco della parabola del profeta Nathan rubò ai poveri la sua unica pecora (2S 12 , 1-4).
Come una malattia virale, l’invidia si diffonde in tutto il mondo. Lo stesso vale per le case, gli uffici – alti o bassi – che vengono introdotti nelle istituzioni intellettuali e persino in quelle religiose. In alcune persone non è una colpa puntuale, ma diventa un modo di vivere e vedere il mondo. Quando l’invidia diventa cultura, diventa la sua espressione più radicata, il risentimento.
Unamuno lo sapeva fin dalla sua infanzia. Aveva un fratello maggiore, single, amaro, che vedeva sempre con ojeriza i trionfi di Miguel. Si dice che verso la fine della sua vita un cartello venne a pendersi intorno al collo, dicendo: “Non venire a parlarmi di mio fratello!” Questo lo aiutò a forgiare un romanzo come Abel Sánchez, dove il dramma di Caino e Abele diventa quello di Joaquin e Abel. Questo Joaquin Monegro può confessare nel racconto che: “Ho iniziato ad odiare Abele con tutta la mia anima”, ci dice, e a propormi sia di nascondere quell’odio, di pagarlo, di crescerlo, di prendermi cura di lui nelle viscere lontane della mia anima. [Così] sono nato all’inferno nella mia vita. De Unamuno, invidiato e diffamato da conservatori e socialisti, contro il quale ha lanciato un anatema spietato, ha scritto al connazionale Gregorio Marañón che gli dovevano “le pagine più profonde sulla passione del risentimento, l’insinuazione e la morbilità letale della vita spagnola”.
Zambrano diede alle origini un estratto ponderato su questo male, che in seguito avrebbe rivisto, includere nel suo libro L’uomo e il divino (1955).1 La filosofa andalusa mostra la sua conoscenza delle culture classiche, la sua armonia con il pensiero di sant’Agostino e la sua vicinanza ad alcuni bordi di pensatori come Unamuno e Ortega y Gasset e , entra bruscamente nelle interiorità oscure dell’invidioso per scoprire quel processo in cui l’immagine degli altri viene sfigurata e si allontana per diventare “l’altra”.
Anni fa ho visto un’incisione medievale raffigurante una sorta di mostro dall’aspetto umano remoto, che tiene un serpente tra le braccia e divora il suo cuore. Era il simbolo dell’invidia. Il pericoloso rettile trova sempre pretesti per scivolare nell’organo vitale, lo stesso vale per le differenze economiche, i vantaggi reali o presunti che alcuni possiedono, i successi che alcuni atleti, artisti, scienziati o imprenditori ottengono e persino la felicità familiare. Il suo morso inocula tutta una serie di risentimenti, già per sempre rattristati dalla gioia degli altri, e disposti a farle del male per cercare di placare l’ardore delle sue frustrazioni.
Un paese in cui il male invidioso prolifera sarà in grado di generare un uomo nuovo, al contrario, sarà come un inferno terrestre. Le pagine di Maria dovrebbero essere messe accanto all’omelia di Papa Francesco, consegnata nella Casa Santa Marta, il 21 gennaio 2016, nella festa di sant’Aés, vergine e martire, nel tentativo di esaminarci e cercare di sradicare dal nostro campo un male che porta alla violenza e alla morte spirituale:
“Nel cuore, la gelosia o l’invidia cresce come erba: cresce e non lascia crescere la buona erba. Tutto quello che pensa lo rende ombra, lo fa ammalare. Non è mai in pace! È un cuore tormentato, un brutto cuore! Inoltre, il cuore invidioso – come sentiamo qui – porta alla morte. E la Scrittura chiarisce: per invidia del diavolo, la morte è entrata nel mondo.
[…]
“E io, pensando e riflettendo su questo passo della Scrittura, invito me stesso e tutti a cercare se c’è gelosia nel mio cuore, qualche invidia, che porta sempre alla morte e non mi rende felice. Perché questa malattia ci porta a vedere quanto è buono l’uno nell’altro come se fosse contro di te. E questo è un brutto peccato! È l’inizio di così tante, così tante criminalità. Chiediamo al Signore di darci la grazia di non aprire i nostri cuori alla gelosia, di non aprire i nostri cuori all’invidia, perché queste cose portano sempre alla morte.
[…]
“L’invidia – secondo l’interpretazione di Pilato, che è stata molto intelligente, ma vile! – è quella che ha portato Gesù a morte. Lo strumento, l’ultimo strumento. Gli era stato dato per invidia. Chiediamo anche al Signore la grazia di non dare mai, per invidia, un fratello a morte, una sorella della parrocchia, della comunità, né un vicino del rione: ognuno ha i suoi peccati, ognuno ha le sue virtù. Sono gli uni degli altri. Vedere il bene e non uccidere con pettegolezzi, invidia o gelosia.
Nota
1 In questo libro appare nella terza sezione, intitolata “I processi del Divino”, il testo “Earth hell: envy”; la sua prima parte è quella che è apparsa in Origins, ad essa viene aggiunta una seconda, chiamata “Earth Hell: The Shadow”.
Faccia il primo comento