“…quando offri un banchetto, invita poveri, disabili, zoppi e ciechi, e sarai felice…”
lc. 14, 13-14
Aveva un sorriso luminoso. La sua espressione normale era cupa, come ancorata a questa difficile realtà in cui viviamo e che lei assumeva come religiosa. Ma quando guardava negli occhi un’altra persona, quel sorriso appariva e l’interlocutore si sentiva in pace. Quella pace apre la porta dell’anima a Dio e la persona ha l’opportunità di migliorare. Questo è un modo molto umile ma molto efficace di presentare il Vangelo alla gente, perché risuona con qualsiasi credo, perché può alleviare qualsiasi sofferenza, perché può sollevare qualsiasi sofferenza.
Quel sorriso mi ha abbagliato in una mobilitazione sul campo della nostra università nel 1989, io al primo anno di Telecomunicazioni e lei nell’aula Computer Machines. Mi ha colpito il pesce sulla sua catena: era il simbolo dei primi cristiani. Allora gli ho chiesto e lui mi ha detto che era cattolico, che andava a messa a El Salvador del Mundo de Marianao, dove c’era un bel gruppo di giovani. La domenica seguente mi presentò a Shirley, Juanito, Freddys e molti altri, e nella mia vita nacque un’amicizia essenziale. Mayte è con me da allora, anche mia moglie e le ragazze hanno beneficiato della sua testimonianza di fede, della sua dolcezza materna e della sua gioia di vivere nonostante le difficoltà.
María Teresa Varela Suárez (Mayte) è diventata Piccola Sorella di Gesù perché voleva essere felice “organizzando banchetti” (cfr Lc 14) per i diseredati dell’Avana e di tutto il mondo. Voleva confortare le persone incoraggiandole a riconciliarsi con la loro vita e migliorarla dalla realtà molto marginale in cui vivono. Voleva farlo vivendo con le sue sorelle in quella stessa realtà marginale, ma non come vittime, ma come protagonista. Voleva tessere una storia migliore per i poveri, una storia umile, pacifica, silenziosa, ma in fondo “sua”, “sua” in termini di responsabilità personale, vita comunitaria e unione con Dio. Ecco da dove veniva il suo sorriso! Da lì scaturisce la luce di ogni sorellina o fratello di Gesù.
“Guarda che né il tuo piede si è fatto male né la tua tunica si è macchiata in questi 40 anni […], osserva dunque i comandamenti che ti ho insegnato […], perché io sono il tuo Dio, che ti ho fatto uscire dall’Egitto” ( leggi Deuteronomio 8). Mayte me lo leggeva ogni volta che mi lamentavo di difficoltà o battute d’arresto e oggi ha pieno effetto nella mia e nella sua vita. Il suo corpo sconfitto dal COVID-19, sepolto nella tomba di un amico, in un cimitero erboso senza marciapiedi, Mayte è stata l’immagine vivente della povertà. Tuttavia, posso dire che “la sua veste non si è macchiata e il suo piede non è stato ferito”, perché la sua fede e la sua fratellanza con Gesù sono rimaste intatte nonostante la paura che ha provato quando è entrato in terapia intensiva, o i momenti difficili che il suo vita precedente: quella fede e quella fratellanza sono “il piede” e “la tunica” di cui parla l’Autore sacro, conservarli è la vera protezione che Dio offre a coloro che decidono di accettare la sua amicizia o di adempiere ai suoi mandati, Linguaggio biblico. Mayte mi ha aiutato a capire che la vita è proprio il duro cammino verso la Luce, con l’ombra alle spalle: quelle ombre dell’invidia, del risentimento, della paura o dell’oppressione. Come se non bastasse, mi ha aiutato a sopportare le conseguenze del camminare verso quella Luce a Cuba.
La povertà della sua scelta, dunque, non è la miseria che ogni essere umano deve evitare, perché miseria nella sua radice etimologica significa “incapacità di dare”. La povertà di un seguace di Charles de Foucauld è uno strumento per «essere più leggeri nel bagaglio nel cammino della vita […] essere necessari è un buon modo che ci affida, che ci unisce di nuovo (re-link: re-link join, ecco da dove viene la parola religione)” – ha detto Mayte in un’intervista che potrebbe essere il suo testamento spirituale, concesso a Mirada Contemplativa, comunità cristiana ecumenica internazionale nata in Venezuela e presente in ventitré Paesi.
Così la povertà si vive per dare in pienezza, per dare a Colui che dà tutto. Ecco perché chiunque si è lasciato “donare” da questi santi uomini e donne, ha fonti ricchissime da cui abbeverarsi sempre di nuovo, soprattutto quando “le cose sono in fiamme”. La luce che danno viene da Dio e può guarirti dall’egoismo che ti impedisce di condividere, o dai limiti che ti rendono materialmente povero, affinché tu possa migliorare la tua vita materiale e morale. Il compito è ovviamente tuo.
Mayte è entrata in terapia intensiva il 30 giugno ed è morta la mattina presto del 16 luglio 2021. È nata l’8 luglio 1968 a L’Avana, ha emesso i primi voti nella Fraternità delle Piccole Sorelle di Gesù il 14 ottobre 2000 e il perpetuo il 1°. dicembre 2008.
Grazie per la tua luce, mia cara sorellina! Ora tocca a te continuare a darlo dal cielo. Ω
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