Cronaca Menzione 2016-Il Beato

Ecco Marina, eccolo che arriva. Avvolto nel suo nome. Con i suoi passi traballante, come un’onda. Con la sua mente in schiuma. Nessuno sarà in grado di dire quanti anni ha, quanti chili si muove. Non lo sa, o non vuole saperlo. Ed ecco, ecco che arriva:
“Dio ti benedica, mi’jo.
“Dio ti benedica, mi’ja.
Sono tutti benedetti. Tutti, i vostri figli.
Vive piegando la valle, in curva. Attraverso le fessure della sua casa il sole entra e lei gioca per coprire il raggio di luce, per deviarlo con la mano. È la sua impresa.
Il destino l’ha mandata in modo diverso. Per lei, la cosa più importante è la sua barca di carta. È la gioia delle tue mattine. Lo porta al fiume per vederlo avanzare nel filo d’acqua. Altri dicono che va nella valle per apparire meglio, perché non ci sono specchi in casa sua. E dato che non si siede fermo, va più e più volte, finché un giorno non si ferma.
Marina è nera come baobab, nera come l’assenza. Gli piacciono i colori e così sceglie il suo panno-letas, le sue vesti, le sue sciarpe. Non lesina. Sembra una bandiera mentre avanza attraverso il trillo, quando sale sull’asfalto.
Arriva sempre alla fine della linea e quando ottiene il posto, non accetta. La sua testa si muove in vortice, quindi non c’è dubbio. Vuole essere come tutti noi. E va oronda, loma giù, con il suo piccolo pane, spostando il cinghiale come un aspa.
Il muro della tua casa è pieno di pentole: pentole, caschi, pipì. Marina coltiva cactus. Dicono che gli piaccia sentire la leggera fitta della colonna vertebrale sulla punta delle dita. Forse esercitarsi per i morsi della vita.
Un giorno si innamorò. E prese il ragazzo, una delle sue piccole barche. Il giovane rise, rise reale, lo ha fatto con entusiasmo. Marina ha tirato fuori soggezione dall’aldilà. Urlò come se mille spille la trafiggesse, come se fosse la fine del mondo. È quello che dicono.
Veniva dall’ospedale tranquillo, piegato in se stessa, come una palla. E lo sguardo si è perso un po’ di tempo da qualche parte che solo lei conosce.
Marina era la studentessa di mia madre. Ha cercato di essere. Quando l’insegnante ha fatto una domanda, ha spostato la mano alta, disperatamente.
– Vediamo, Marina… qual è la risposta?
–Seño, signorina… Sto diventando verde.
Niente c’00, ma Marina era orgogliosa di aver risposto e questo non sarebbe stato tolto a nessuno, nemmeno alle risate dei suoi compagni di classe, da tutta la classe. L’ho già imparato.
La risata a volte è euforia; a volte, spavento.
Il suo corso era quello di altre scuole, altri insegnamenti; ma non ha mai dimenticato il suo insegnante di rione.
-E dov’è il registro? “Mi dice un giorno.
“Se n’è andato, se n’è andato.
-Ma… dove, dove… Voglio vederla.
Marina mi ha sfidato con la sua innocenza.
“Non puoi più vederla”, dissi.
Poi Marina la cantarina, Marina la beata, si fermò. Mi accarezzava le mani, le stringeva con tutte le sue forze, e… corse loma verso il basso. Di tanto in tanto si fermava a salutarlo.
Mi chiede del suo insegnante ogni volta che mi trova. E non importa quello che ti dico. Non capisce, non capisce.
Eccolo che arriva, ecco Marina. Nessuno sa quanti anni ha, quanti chili si muove.
“Dio ti benedica, mi’jo.
“Dio ti benedica, mi’ja.

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