Note covid dell’anno (12)

Ilustración: Ángel Alonso

Abbiamo viaggiato attraverso il nono mese dell’anno affrontando covid-19. Avremmo voluto vivere tutto questo tempo in una capsula, in una camera iperbarica, in letargo, e uscire solo quando è successo tutto. Ma sono successe così tante cose nel villaggio globale in questi sette mesi… E cos’è la vita senza l’esperienza della vita quotidiana, di ciò che accade e ci accade.

Non importa quanto fossimo isolati, non potremmo essere senza sentire il pestaggio del mondo, le molteplici storie, dall’origine e diffusione del nuovo coronavirus e il seguito della crisi sanitaria, agli effetti sociali di un soffocamento afro-americano da parte di un poliziotto a Minneapolis. Non è proprio una storia?

Sull’isola non siamo stati ignari degli eventi all’esterno, ma anche all’interno sono successe cose. E per tutto ci sono criteri e posizioni che causano dissequenti e shock quando emerge l’intolleranza, le voci che urlano più forti perché vogliono essere le uniche ascoltate, quelle che si credono portatrici della verità.

Word New ha voluto condividere le espressioni di un gruppo di voci diverse da offrire ai suoi lettori come esempio delle esperienze personali e collettive vissute in questo peculiare e sorprendente anno bisestente, questo ventiventenne diventato quarent(en)a.

Abbiamo chiesto a queste persone di raccontarci le loro esperienze in questi mesi, come sono passati i loro giorni, come hanno affrontato le sfide e quale lettura fanno di ciò che è successo, quali sono le loro idee al riguardo.

 

XAVIER CARBONELL
XAVIER CARBONELL

Cuba, 2020, Anno delle saline

Di Xavier Carbonell

Se qualcuno di questi funzionari, entusiasta di nominare gli anni, l’avesse chiamato in base al 2020, questo sarebbe stato l’Anno della Salina. E, almeno per una volta, quella colpa sfuggente che il cubano attribuisce alle più diverse entità di questo mondo o dell’altra avrebbe avuto, finalmente, un vero destinatario, ateo e depoliticizzato.

Invisibile, mortale e più televisivo di qualsiasi presidente, il coronavirus ha suscitato le nostre vite. Ogni mattina, speriamo che la voce del Dr. Durán – quella voce cordiale, quasi monotona, come lettore di tabacco – dichiari le statistiche di ogni provincia, in una sorta di competizione strabiliante, o in attesa del vaccino russo e dell’ennesimo rimedio contro l’apocalisse infettiva.

L’Anno dell’Halling ha dimostrato ancora una volta che Cuban è in grado di convertire le battute d’arresto in storie, proletariamente. Non importa il genere (gossip, palla, meme, notizie squilibrate o reinventate), più brutta diventa la cosa pubblica, risponde con umorismo di tutti i colori, con una verborrea che sfida qualsiasi nasobuco, anche se è impermeabile o plastica.

Bisogna ammettere che il coronavirus è una questione molto seria, e che anche con i nuovi focolai – parliamo del virus come se fosse lo zafra – le persone hanno perso la paura, la responsabilità e il desiderio di rispettare la prigione di casa.

Con l’aumento e la diminuzione del numero della malattia, l’ambiente cubano è diventato più irrespirabile, tra le lacune — normali e aggiunte — le incursioni dei nostri presentatori nell’esorcismo, il valore anestetico della limonata, la de-demonizzazione del dollaro e le incursioni della polizia con cui il telegiornale ravviva ogni pasto di famiglia.

Ad ogni modo, non c’è modo di annoiarsi in questo 2020, salato e tempestoso come se Hemingway l’avesse scritto.

Passiamo ora a quelle internazionali, perché in quest’Anno delle Saline ogni viaggiatore era un Tom Hanks, naufragato nei terminal e negli uffici ospedalieri, dove la burocrazia sanitaria è inespugnabile. Se mi chiedessi dove mi trovavo in buona parte di questi otto mesi, una possibile risposta sarebbe: in un tour internazionalista in paesi in cui il coronavirus stava facendo il suo capolavoro, nascondendosi negli aeroporti e allineato in disinfettante, mentre le persone avanzavano temendo e con un volto funebre che cercava di raggiungere la loro destinazione.

XAVIER CARBONELL
XAVIER CARBONELL

Una sovvenzione per le comunicazioni mi ha portato in India alla fine di gennaio, dove a maggio sarei dovuto partire. Lì ho dovuto rimanere in un bunker universitario, con amici di vari paesi e lingue, aspettando i voli di rimpatrio che mi hanno portato da Delhi all’Ucraina, e da lì a Francoforte, e poi – anche se ho quasi perso l’aereo – atterrare a L’Avana.

XAVIER CARBONELL

Mezzo stordito per i tre giorni senza sonno, mi portarono a Sitiecito, a Villa Clara, dove c’erano le rovine di quello che era nella vita un pre in campagna. Lì, in una caserma con altri sette alieni, ho vissuto una quarantena come Comando di Dio e MINSAP. (Non dobbiamo approfondire, tra i cubani, le condizioni di vita di questo modesto hotel all-inclusive, che ci ha immediatamente ricordato altre saline, più contagiose e antiche della pandemia.)

Come si suol dire, “correvo si spera” in tre continenti fino a raggiungere l’isola. Altri amici sono ancora in attesa di un volo adatto a loro o – per migliaia di motivi – sono stati lasciati in diversi nord, strapazzati, brutali, ma che spaventano meno del nostro frangente, ben conditi come se ciò non bastasse, da questo virus asiatico e sconcertante.

Ora dicono che ci sono casi di peste bubbonica in Cina – un vero classico nella storia delle epidemie – che Putin ci salverà tutti pungendo il suo vaccino, e che i giapponesi ci lasceranno senza Olimpiadi. Nel frattempo, i politici di tutto il mondo guardano con invidia a questo famoso virus che li ha derubati dell’attenzione di un pubblico rispettabile.

Come fuggitivo, aspetto a Las Villas la fine di tutto questo in buona compagnia, con i miei libri e un arsenale di habanos che, secondo i miei calcoli, brucerà per tutta la durata del lockdown. E se questo testo fosse la mia volontà e dovessi raccomandare un metodo per sopravvivere a questa doppia follia – pandemia e vertigini economiche – ti chiedo vivamente di leggere, scrivere, amare molto quelli accanto a te, parlare come se non ci fosse un domani e ridere molto, anche sotto il nasobuco.

E firmo, come l’eccezionale piccolo pionerito che non sono mai stato, a Santa Clara, 2020, Anno delle saline.

XAVIER CARBONELL
XAVIER CARBONELL

XAVIER CARBONELL è un corrispondente a Cuba per l’Associazione Cattolica Mondiale per la Comunicazione (SIGNIS). Ricercatore presso la Biblioteca Diocesana “Manuel García-Garófalo” del Vescovato di Santa Clara. Il suo romanzo “The Book of My Dead” è stato il vincitore del Santa Clara City Foundation Award nel 2020.

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