PERCHÉ VOTARE SÌ?

“Dalla vita esuberante di un vero popolo entra nello stato
e nei suoi organi, una vitalità
intenso e ricco che infonde vigorosamente
che si rinnova perennemente,
consapevolezza delle proprie responsabilità e del vero istinto
bene comune”

S.S. Pio XII
24 dicembre 1944.

Uno sforzo di cui alcuni compatrioti non possono apprezzare la vera entità, tonerà a noi assumere cubani per il futuro politico della patria, quando il 24 febbraio si parlerà ai seggi elettorali del progetto di Costituzione approvato dall’Assemblea nazionale del potere popolare. Quello che facciamo quel giorno avrà un impatto su tutti gli ordini della nostra vita e anche, a quanto pare, su coloro che occupano questo meraviglioso tratto del pianeta in avanti. È quindi necessario capire che l’atto di voto in un referendum costituzionale è una questione che è molto lontana nel messaggio entusiasta del miglior slogan.

Forgiato come nazione per secoli di imposizione coloniale, il nostro avvento nella vita repubblicana è stato ostacolato dall’inquietante emendamento Platt, seguito dalla costante sovversione delle procedure democratiche per decenni di clientelismo politico. Una nota eccezione che abbiamo avuto durante i dibattiti che hanno portato alla proclamazione della Costituzione del 1940, la cui breve esistenza è culminata negli stivali di Fulgencio Batista. Dopo il trionfo popolare del 1°. Nel gennaio 1959 arrivò il cosiddetto periodo di “provvisorietà rivoluzionaria”, una fase di forte concentrazione di potere volta a consolidare il nuovo progetto paese, che trovò un colofonio nel 1976, quando fu promulgata la nostra costituzione di ispirazione sovietica ancora esistente. Ora, senza l’influenza del potere estinto, creare è di nuovo “la parola del passo”1 per le attuali generazioni di cubani.

Nel cruciale evento democratico che ci attende, ogni elettore deve seguire le proprie convinzioni, senza attenersi al criterio dell’unanimità a cui siamo abituati dall’Assemblea nazionale del potere popolare, enclave in cui il dissenso è stato raro avis, contrariamente alla diversità insita nella condizione umana, qualità alla quale non dobbiamo sottrarre, soprattutto in politica, una sfera in cui negare sfumature comporta l’assunzione come unici stereotipi alternativi allo stile del bene/cattivo, rivoluzionario/controrivoluzionato, amico/nemico. Non si tratta di negare l’esistenza di tali categorie, ma di affermare che nessuno, qualunque sia il suo atteggiamento di essere politico, può rivendicare per se stesso – o per il suo progetto – l’intera virtù.

Un referendum costituzionale come quello che ci evoca ha luci e ombre. A favore della sua portata universale, in quanto tiene conto dell’intero corpus elettorale e, in particolare, della possibilità che esso dia a ciascun cittadino un impatto diretto – esclusi rappresentanti/intermediari – sul nervo politico nazionale e manifesti una propria volontà che sarà considerata inastinta da quella dei suoi pari. Data la natura indiretta dei nostri periodici eventi elettorali, il referendum diventa un’opportunità di eccezione per i cubani. Propongo pertanto di accantonare i suoi aspetti procedurali e di soffermarmi su alcune delle questioni più rilevanti presenti nel testo, senza cercare un’analisi completa che superi la modesta portata di questo articolo.

Il progetto propone cambiamenti nella struttura organica dei poteri costituiti. Si presta attenzione alla distribuzione dei poteri esecutivi tra la figura del Presidente e il suo Primo Ministro – qualcosa di nuovo dopo quattro decenni di estrema concentrazione nella figura unica del Presidente dei Consigli di Stato e dei Ministri – con l’ovvia prevalenza del primo dignitario menzionato. Abbiamo anche la riselezione dell’avaro coinvolto nel concedere alla Presidenza del Consiglio di Stato la più alta figura dell’esecutivo, poiché quell’organo che rappresenta l’Assemblea nazionale del potere popolare durante i periodi in cui non si sessione – cioè quasi tutto l’anno – sembra inappropriato che non fosse il suo detentore del potere legislativo, ma qualcuno che, a massere, , è in parlamento un altro deputato. Si trattava, tuttavia, di una subordinazione del legislatore al governo illegittima, dato che l’articolo 69 della Costituzione del 1976 sancisce l’Assemblea nazionale come organo supremo di potere dello Stato (2). , invece di dare all’Assemblea nazionale il posto che merita secondo la sua definizione costituzionale, concedendole sessioni complete, come spesso accade in quasi tutti (3).

Questo sguardo al nostro futuro, per quanto breve, non deve trascurare l’articolo 5 cruciale del progetto (4), secondo il quale a Cuba può esistere un solo partito politico: il comunista, in collisione con il principio di uguaglianza postulato dall’articolo 42, dove, nel trovare un luogo di diritti, libertà e opportunità, deve anche essere inteso come comprensivo della possibilità di associazione a fini politici. Per quanto importante sia la clausola di irrevocabilità nei confronti del sistema socialista. E ora non si tratta di fare una diatriba dai suoi punti più bassi, figuriamoci di affogare un capitalismo che ha poco servito molti vicini latinoamericani, ma semplicemente di chiederci che diritto abbiamo in quest’anno 2019 di decidere quale sarà il sistema politico di governo dei nostri nipoti. E oltre, anche.

Credo che in politica pochissime decisioni debbano essere considerate irreversibili. Un’altra comporterebbe la negazione del necessario legame tra la norma, in quanto elemento sovrastrutturale responsabile della gestione della complessa rete di relazioni sociali sotto la sua protezione, e le dinamiche sociopolitiche su cui si trova. A mio parere, il sistema politico non sarà uno di questi. La sua redditività futura non può dipendere dalla volontà che incoraggia un particolare settore nel presente, poiché anche se è la maggioranza quando si prendere una decisione, potrebbe non essere più tardi. La validità di un progetto politico non è associata alle intenzioni di coloro che lo promuovono, per quanto onesti essi siano, ma alla correlazione tra i fattori reali del potere, quelli a cui Ferdinand Lasalle ha chiaramente fatto riferimento (5). E questi fattori manterranno il giusto equilibrio nella misura in cui il sistema è in grado di rispondere agli interessi e alle esigenze della popolazione, il che implica la sua corretta gestione da parte dei deterrenti del potere, cosa che non può essere garantita in perpetuo.

Dai media arriva, persistente, un messaggio conciso: “Vota SÌ è votare per la Rivoluzione”, e l’enorme peso che il sostantivo ha nell’immaginario politico-popolare cubano ci rimanda immediatamente all’epopea delle gesta che hanno spazzato con la tirannia del 10 marzo e agli eroismi che hanno visto protagonista questa città negli anni successivi. Credo che le imprese debbano mantenere nella storia il loro meritato posto e la memoria materna può essere venerata, ma devono anche avere, senza dubbio, il loro momento, e quei fatti di cui parlo si sono verificati sessant’anni fa. Il 24 febbraio non voteremo a favore delle glorie delle gare d’appalto, ma per il futuro inesorabile che sarà, e ciò richiede una dose speciale di responsabilità.

Dobbiamo essere chiari sul fatto che il voto è, in qualsiasi Stato, lo strumento attraverso il quale la cittadinanza influenza i suoi leader. Lo stesso può aiutare a ripensare gli atteggiamenti, identificare le disagine e cercare soluzioni, come ispirare la persistenza delle politiche pubbliche approvate dal favore del sovrano. Pertanto, il voto affermativo che i mezzi di comunicazione richiedono, se realizzato, tenderebbe a trasmettere un senso di piena conformità con il presente che viviamo quando in verità potrebbe non esserci, almeno è quello che sento nelle mie passeggiate quotidiane per le strade dell’Avana. Naturalmente, si tratta di una valutazione soggettiva, fallibile come qualsiasi altra, da cui la necessità di concordare criteri.

Cuba è sconvolta da una nuova Costituzione, nessuno lo dubita. Tuttavia, tenuto conto della profondità della decisione da prendere, sarebbe l’ideale, a mio avviso, pre-coinvolgere alcuni degli aspetti fondamentali della norma Ferenda e modificare il progetto alla luce dei risultati prodotti dalla consultazione. Se mi fosse dato di proporre, vorrei chiedere, ad esempio, “se vogliamo un presidente nominato da un gruppo selezionato all’interno del Parlamento o sceglierlo immediatamente, senza intermediari che pensino per noi”; “se siamo d’accordo sul fatto che a Cuba può esistere un solo partito politico o preferiamo un’opzione plurale, anche all’interno del socialismo”; “o se accettiamo che questa concezione – funzionale o meno – governa in perpetuo tra di noi.” Altre persone possono pensare diversamente, scartare le mie proposte dalle loro, o semplicemente credere che il progetto dovrebbe essere discusso nella sua interezza senza previa consultazione.

Capisco che il futuro sia costruito dal presente, ma il presente non può essere imposto al suo futuro, perché in quel momento diventerebbe passato e potrebbe non essere in mezzo alle dinamiche di un tempo diverso, forse migliore, forse peggiore, ma diverso. Ognuno deve pensare e decidere da solo, alla luce della realtà del tempo che è il suo turno di vivere. I nostri figli devono essere se stessi, come i nostri nipoti in seguito, non una reiterazione forzata degli esseri che eravamo. Faccio quindi mia, e tra l’altro condivido, la bella massima contenuta nell’articolo 28 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo incorporata nella malvagia Costituzione francese del 1793,7 secondo la quale “Un popolo ha sempre il diritto di cambiare, riformare e rivedere la propria Costituzione. Una generazione non può imporre le sue leggi alle generazioni future.

Note

[1] Espressione usata da José Martí riferendosi ai giovani in America Latina nel suo eccellente saggio “Our America”, pubblicato per la prima volta sul quotidiano messicano El Partido Liberal, il 30 gennaio 1891.

2 Principio ribadito all’articolo 102 della versione definitiva del progetto.

3 Sia l’Assemblea legislativa plurinazionale della Bolivia che l’Assemblea nazionale dell’Ecuador entrano permanentemente, con due pause di quindici giorni all’anno, conformemente agli articoli 153 e 123 delle rispettive costituzioni.

4 Il progetto aggiunge, riferendosi a tale partito, l’unico aggettivo, che non è simile alla Costituzione del 1976.

5 Ad una conferenza davanti ad un gruppo di cittadini di Berlino nel 1862.

6 Lasalle conclude la sua suddetta conferenza affermando che esiste un “… Costituzione reale ed efficace, formata dalla somma dei fattori reali ed efficaci che governano la società…”. La Costituzione scritta, d’altra parte, è semplicemente indicata come un “foglio di carta”.

7 Prima costituzione repubblicana francese. Approvato il 24 luglio 1793, fu portatore di importanti progressi come il riconoscimento della sovranità popolare che Sieys aveva precedentemente inserito nel vago concetto di nazione. Non è mai arrivato a governare.

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