“Eredità” per abbracciare il mondo

“La Virgen de papá y mi sueño con El Cobre”

Con quello squisito umorismo che lo caratterizzava sempre, si ricordò del trovatore argentino Facundo Cabral che suo zio Pedro non lavorò mai. Odiava il lavoro ed è per questo che diffidava del comunismo russo. “Come puoi fidarti di un paese che ha la bandiera piena di strumenti”, disse a metà spaventato lo zio di Facundo.

Ma la verità è che, al di là dello scherzo del trovatore argentino, il lavoro e gli strumenti hanno aiutato molto nella costruzione e nello sviluppo della civiltà umana. Gli strumenti aiutarono l’uomo, anche se minimamente pagato, a portare da solo il pane quotidiano, come fece per anni Gesù San Giorgio, umile riparatore di lavatrici che, con la sua morte inaspettata, lasciò in “eredità” suo figlio, il pittore Denys San Jorge, una consistente lista di strumenti di ogni tipo: chiavi, chiavi spagnole, chiavi spagnole , cacciaviti, prurito, pinzette, pinze, dadi, rondelle…

Varie città in tutto il mondo, sconvolte dal Covid, hanno preso forma negli strumenti di Denys St. George

Con tutto quell’arsenale a portata di mano e senza le capacità di suo padre di praticare il lavoro di riparatore di lavatrici, San Giorgio capì che gli utensili potevano avere un uso molto diverso nel campo delle arti visive. E questo è stato affidato.

Sorpresa avrebbe causato quando scoppierà il “patrimonio”, formando paesaggio in un paio delle sue opere, in un evento Ars Latina tenutosi in Baja California, in Messico, e una piacevole sorpresa avrebbe poi causato, nell’expo Del simbolo alla metafora, inaugurato nel 2010 al Félix Varela Cultural Center, dove per la prima volta il pubblico avrebbe avuto conoscenza di un vero capolavoro realizzato sulla base di questi strumenti : La Vergine della Carità del Rame.

Il pezzo, in realtà intitolato “La Vergine di papà e il mio sogno con El Cobre”, è stato costantemente promosso a Cuba, riconosciuto dalla commovente immaginazione dell’artista, e bramato in varie pubblicazioni internazionali, specialmente nel libro ingioiato La Virgen de la Caridad del Cobre nell’anima del popolo cubano, dal Dr. Emilio Cueto.

Junto al investigador y coleccionista doctor Emilio Cueto
Junto al investigador y coleccionista doctor Emilio Cueto

Da allora ad oggi, molta acqua è corsa sotto il ponte, in progetti completamente diversi Denys San Jorge è statofrasato; ma la pandemia che ha fatto irruzione duramente in quasi tutte le nazioni del pianeta l’ha portata a ripensare, come molti artisti, non solo come raggiungere il pubblico, ma anche come non trascurare le devastazioni di una malattia devastante e preoccupante che è arrivata a ingerire migliaia di famiglie nel mondo e sembra fermarsi a nulla o niente.

Quando i sentimenti sono forti e la vocazione genuina, non possono essere seminati tra quattro mura. Non possono essere limitati a un’istituzione culturale. Ecco perché l’ordine di chiudere la galleria d’arte Angerona ad Artemis, a causa della contingenza sanitaria, non ha impedito al suo direttore, Denys San Jorge, di continuare a creare intensamente da casa.

Così città come Wuhan, Roma, Venezia, Lombardia, Quito, Guayaquil, New York, Miami…, dove la morte incombeva in ogni spazio, dove, come nell’Inferno di Dante, sembrava avvertire: “mortale, lascia qui ogni speranza”, dove gli operatori sanitari sembravano impazzire o morire, trovarono in quest’uomo un modo umile di esprimersi di nuovo dalla flessibilità dei suoi strumenti, di innaffiare attraverso i social media un messaggio d’amore alla specie umana , sempre in pericolo, un messaggio per uomini e donne di tutte le razze, fedi, tendenze politiche…

Ma la storia di Denys St. George un giorno si è complicata svegliandosi con la notizia che il suo popolo, dove risiedono più di quarantamila abitanti, aveva appena contribuito con una nota nera a una situazione già oscura, quando un massiccio focolaio di covid, frutto di un atteggiamento sociale spericolato, ha iniziato a mettere sotto controllo e quarantena non solo la città di Bauta , ma l’intero comune.

Se San Giorgio è stato spostato prima, al punto da dedicare il suo omaggio alle città del mondo di mezzo, ora è stato spostato due volte, perché la malattia era stata piantata chiaramente tra le persone che, per tutta la vita, condividevano con lui uno spazio comune di privazione e speranza. Strade deserte, porte ermeticamente chiuse, mercati vuoti, paura silenziosa, sfiducia, incertezza… Il pericolo era ovunque. Allo stesso modo l’infinita poesia dell’arte.

Non ha aspettato troppo a lungo per San Giorgio. Bauta avrebbe anche il suo nome “scritto” con lavatrici, pinzette, chiavi… Se con la semplicità dei suoi pezzi ha cercato di abbracciare a distanza cinesi, italiani, americani…, se in qualche modo voleva condividere con loro “le dimensioni della sua speranza”, come diceva Borges, la vita e l’arte lo invitavano anche a volgersi gli occhi senza indugio verso il destino del suo terroir. Meno non ci si poteva aspettare da chi un giorno ricevette, inaspettatamente e dolorosamente, gli strumenti che si aprivano per servirlo a “scrivere” un messaggio infinito di umanesimo.

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