La vita quotidiana è stata nuovamente frammentata al Seminario San Carlos e San Ambrosio, ha terminato i contenuti corrispondenti al primo semestre accademico dell’anno accademico 2018-2019 ed è arrivata la prova finale non sempre gradita che ha portato con essa un’agenda comune che comprendeva: tensioni, esaurimento, sospetto, soddisfazione e ringraziamento che, in alcuni casi, si sono riunite sia per la buona qualifica che per il piacere di sapere che non avremmo più dato quel soggetto che richiedeva maggiore sforzo. Sì, in seminario facciamo anche test finali e quali test alcuni.
Questo è un periodo segnato dal silenzio e dalla profondità che assorbe ogni seminarista nelle diverse materie secondo lo studio personale che svolge, ma allo stesso tempo contrasta con l’esperienza arricchente dello studio comunitario, per corsi, di quelle materie che di solito presentano un serio curriculum storico di alto grado di difficoltà. Naturalmente, senza mancare l’aiuto, sempre arricchente, che i più avanzati possono offrire alle nuove generazioni.
Poiché l’università pubblica alla fine di gennaio chiude la sua prima fase di formazione, il seminario come anno scolastico segna anche la fine del suo primo periodo in una data analoga. In questa particolare occasione è stato programmato dal 28 gennaio all’8 febbraio, forse un po’ ritardato da quando la nota celebrazione della Giornata Mondiale della Gioventù a Panama ha riunito non solo alcuni insegnanti del centro ma anche tre nostri fratelli, che ci hanno rappresentato in questo evento speciale, accompagnati da Padre Jesús Delgado , Vice-Cancelliere del Seminario. Quindi, con un po’ più di tempo ci prepariamo a questa fase valutativa.
Si può pensare che non si inserisca nella realtà di un uomo di Dio e nel suo cammino verso il sacerdozio, un livello di alta tensione a causa di questo processo temporale. L’esperienza ci mostra che questa ipotesi non è vera, i seminaristi sono uomini normali con le stesse capacità psicosociali che un uomo della sua età, single o sposato, può avere. Viviamo e crediamo nella grazia assistente di Dio nella nostra passeggiata, ma non siamo alienati nell’infrastruttura di una bolla di vetro, anche se a volte può sembrare così. Siamo uomini, esseri nel mondo, anche se non ti apparteniamo. Soffriamo le pressioni della vita quotidiana, quindi vi chiediamo con forza di pregare per noi, a maggior parte in questo tempo specifico, perché siamo anche spesso vittime del dolore, spesso a causa delle nostre colpe e di tanti altri per ragioni al di fuori del nostro controllo e irraggiungibili ad esso. È lì che l’atto di fede si consolida nella chiamata di Dio per la quale nulla è impossibile (cfr Lc 1,38); è lì che si rinnova il nostro sì, dovendo dire, nell’intimità dell’essere: “Padre, non sia fatta la mia volontà ma la tua” (Lc 22,42); è allora che con la Sua grazia possiamo sperimentare come “tutto si è preparato per il bene di coloro che Lo amano, di coloro che Egli ha scelto” ( Romani 8,28).
Per lottare per il soggiorno fedele a questa chiamata e non lasciarci trascinare dall’esaurimento degli esami, mentre alcuni si accontentano del gusto di una buona tazza di caffè caldo, altri rilasciano le loro pressioni sul campo sportivo, alcuni preferiscono camminare o correre attraverso gli ambienti del Seminario, senza perdere chi riposa nel godimento di un buon film , elementi che manifestano la benedetta diversità del nostro ambiente. Ma c’è un minimo multiplo comune che ci fa scoprire noi stessi come un unico corpo, una sola famiglia, è il tempo della preghiera davanti a Gesù Cristo sacramentato, cioè quando tutti preghiamo intensamente che lo Spirito Santo ci conceda il dono della saggezza e dell’intelligenza nel momento difficile per esaminarci.
Speriamo sempre che ogni fine semestre passi felicemente, che non ci siano errori, non molti mal di testa. Speriamo che gli insegnanti non “picheen” a una velocità tale che il terzo swing vada in bianco. Che i buoni risultati siano il risultato dello sforzo responsabile di ciascuno di noi e che Gesù sia al centro del nostro studio, in modo da non farlo con la sola intenzione di superare gli esami, ma che tutto ciò che abbiamo imparato ci serva nella crescita integrale della nostra personalità per amore. Così un giorno possiamo applicarlo per il bene del gregge che custodiremo al servizio e all’imitazione dell’unico Buon Pastore, Gesù Cristo, che ha superato con un’eccezionale prova dell’amore eterno del Padre per noi sulla croce (cfr Romani 5,8) e che sicuramente non guarderà le nostre note ma i nostri cuori. Fino ad allora: “Corriamo con forza la prova che ci viene proposta con gli occhi fissi su Gesù, che inizia e consuma la nostra fede” (Eb 12,1-2). Ω
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